Gender gap: l’Italia non è un paese per donne

Negli ultimi sei anni l’equità di genere ha fatto grossi passi in avanti nel mondo. Nessun paese può dire di averla raggiunta in pieno, ma molte disparità tra i sessi sono state azzerate: oltre il 96 per cento di quelle nel campo della salute, come anche il 93 per cento del gap nell’istruzione. Lo dicono i dati del sesto rapporto “Global Gender Gap Report 2011” stilato dagli esperti del World Economic Forum, dell’Università di Harvard e di quella di Berkeley. L’85 per cento dei paesi presi in esame è riuscito a ridurre il gap di genere mentre nel resto del mondo resta ampio il divario, soprattutto in Africa e sud America. E l’Italia? Nonostante i progressi nella salute e dell’educazione, il nostro paese ricopre la 74esima posizione in classifica, preceduta da paesi come il Burundi, il Mozambico e il Bangladesh.

Il rapporto, appena presentato, si basa sul Global Gender Gap Index e fotografa il divario tra i sessi in 135 paesi per quattro settori fondamentali: quello economico (composizione della forza lavoro, gap retributivi, differenze nella carriera), politico (presenza di donne nelle alte cariche dello Stato), dell’istruzione (numero di donne alfabetizzate e iscritte a scuola rispetto agli uomini) e della salute (nuovi nati in base al sesso, aspettativa di vita). Secondo i dati emersi, i maggiori progressi nell’eliminazione del gap di genere sono quelli nel campo della salute e nell’educazione, mentre resta da colmare quello nella partecipazione alla vita economica e politica (è stato azzerato solo il 53 per cento del gap nella partecipazione economica e il 18 per cento nella politica).

La testa della classifica continua ad essere appannaggio dei paesi nordici, dove si registrano le migliori performance in fatto di parità tra uomini e donne. L’Islanda è in testa, seguita da Finlandia, Norvegia e Svezia. I paesi nordici, eccetto la Danimarca, hanno risolto oltre l’80 per cento del gender gap, al contrario dei paesi in fondo alla classifica, che devono ancora risolverne più del 50 per cento. Ai primi dieci posti troviamo anche quest’anno l’Irlanda, che è quinta, e la Nuova Zelanda, sesta, insieme alle Filippine (l’unico paese asiatico ad aver eliminato il gender gap nell’educazione e nella salute), il Lesotho e la Svizzera. Buone anche le posizioni di Germania (11°), Spagna (12°), Regno Unito (16°) e Stati Uniti (17°). La Francia perde due posizioni e scende alla 48esima, soprattutto a causa delle disparità nei salari, mentre più giù troviamo la Grecia (56°), l’Ucraina (64°) e la Romania (68°). Chiudono la classifica Pakistan, Ciad e Yemen.

E l’Italia? Per trovare il nostro paese bisogna scivolare fino alla 74esima posizione, la stessa dell’anno scorso. “Il paese continua a essere uno dei più bassi in classifica nell’Unione Europea”, si legge nel rapporto. Fanno meglio di noi la Russia (43esima), la Cina (61esima) e persino il Bangladesh (69esimo), il Ghana (70esimo) e il Perù (73esimo). I dati positivi sono soprattutto quelli nel campo della salute e dell’istruzione, dove il divario tra uomini e donne è basso e il nostro paese ricopre il 48esimo scalino della classifica. Elevato, invece, il gap nelle opportunità e nella partecipazione alla vita economica (90esimo posto) e nell’impegno politico (55esimo posto).

In quei paesi in cui il gap tra i sessi è minore, fanno notare gli autori, sono state messe in atto scelte politiche ed economiche improntate alla competitività, al talento, alla crescita e contro la discriminazione di genere. Il messaggio conclusivo, quindi, è rivolto proprio ai politici: se si vuole davvero favorire lo sviluppo e la produttività di un paese servono interventi ad hoc per garantire l’equità e tutelare i diritti delle donne.

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