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H7N9, è la nuova aviaria

28 casi e 8 morti: sono questi per ora i numeri del virus H7N9, responsabile della nuova influenza aviaria che ha colpito negli ultimi giorni la Cina. Si tratta di un infezione con rischi moderati, che al momento di trasmette all’uomo unicamente per esposizione diretta ai volatili infetti. Il gruppo di esperti internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che sta studiando il fenomeno ha tracciato il primo identikit di H7N9, invitando le autorità a non abbassare al guardia: anche se al momento i rischi sono scarsi, in breve tempo il virus potrebbe diventare infatti molto più aggressivo e pericoloso.

H7N9 fa parte della famiglia dei virus influenzali di tipo A, parente dunque di quel H5N1 che da anni continua a tenere gli esperti in allerta per timore di una possibile epidemia umana globale. H7N9 fino ad oggi non aveva mai colpito l’uomo, ma negli ultimi anni sono stati riportati casi di altri tre virus dello stesso ceppo: si tratta di H7N2, H7N3 e H7N7, che tra il 1996 e il 2012 hanno interessato Olanda, Italia, Canada, Stati Uniti, Messico e Gran Bretagna. 

È la prima volta però che un virus H7 fa la sua comparsa in Cina. L’infezione è stata riportata in diverse regioni del paese a distanza di pochi giorni, e questo secondo gli esperti lascia pensare che abbia la capacità di diffondersi molto rapidamente. L’obiettivo primario delle autorità sanitarie cinesi e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è in questo momento di scoprire se il virus può trasmettersi anche da uomo a uomo, una capacità che metterebbe a rischio di un’autentica epidemia su scala globale. Non esistono ancora casi accertati di trasmissione umana, ma gli esperti dell’Oms sottolineano come alcune evidenze pubblicate nel 2008 indicherebbero che i virus del sottotipo H7 potrebbero acquisire questa capacità.

“Non esistono ancora elementi per considerare il virus come possibile origine di una nuova pandemia”, ha osservato Robert Booy, immunologo dell’Università di Sydney e membro del team di esperti dell’Oms. “Sono state registrate alcune mutazioni che suggeriscono la capacità di adattarsi anche ai mammiferi, ma da qui alla trasmissione da uomo a uomo la strada è ancora molto lunga”. Finora il virus ha fatto registrare un tasso di mortalità piuttosto elevato, ma i ricercatori sottolineano che i casi sono ancora troppo pochi per trarre delle conclusioni definitive.

Credits immagine: Padmanaba01/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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