Hai la colite ulcerosa? Racconta la tua esperienza con un video

Raccontare la propria quotidianità, fatta di paure e preoccupazioni, ma anche di soddisfazioni per quello che si riesce a fare nonostante la malattia. E farlo in maniera coinvolgente, grazie alle nuove tecnologie, per far capire anche a chi non ha esperienza di malattie infiammatori croniche dell’intestino (Mici) che il malato è una persona come tutte le altre. È lo spirito con cui Amici onlus – Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino – ha lanciato il progetto “Ora che mi ci fai pensare”, chiamando alla partecipazioni pazienti e familiari.

“Ora che mi ci fai pensare intende richiamare l’attenzione di media, istituzioni e cittadini su queste patologie e sulla realtà di chi deve conviverci “, afferma Salvo Leone, direttore di Amici onlus, “tutti i pazienti potranno contribuire con i loro video per fornire spunti di riflessione a chi non conosce queste patologie ma anche a chi le conosce, perché ci deve convivere ogni giorno. Il risultato finale sarà un cortometraggio che dovrà soprattutto aiutare i pazienti ad avere fiducia e a vivere con maggiore positività”.

Per caricare sul sito www.orachemicifaipensare.it i video che raccontano momenti della vita quotidiana di chi convive con una Mici c’è tempo fino al 30 aprile. Con le migliori scene di tutti i video girati dai pazienti verrà realizzato un cortometraggio. Il progetto è realizzato in collaborazione con Igibd – Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease ed Efcca – Federazione Europea delle Associazioni Nazionali dei Pazienti, e con il sostegno incondizionato di Msd.

“Le Mici colpiscono prevalentemente i soggetti giovani tra i 16 e i 35 anni, quindi in piena attività produttiva e lavorativa”, afferma Ambrogio Orlando, dirigente medico di I Livello della Divisione di Medicina Interna dell’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello”, Presidio Osp. “V. Cervello” di Palermo, “anche se vi è un secondo picco di incidenza dopo i 65 anni di età e possono colpire, se pur più raramente, anche i bambini in età pediatrica e adolescenziale. Le due malattie hanno un andamento caratterizzato da fasi di remissione e riacutizzazione variabili da soggetto a soggetto, nel 30-40% dei casi l’andamento clinico richiede trattamenti aggressivi o l’intervento chirurgico”.

I pazienti, che spesso arrivano in ritardo alla diagnosi perché queste malattie non sono conosciute abbastanza, sono costretti a ridimensionare i propri progetti di vita a causa di sintomi ciclici e invalidanti che impongono forti limitazioni, sempre a rischio di complicanze severe che richiedono il ricovero in ospedale. Colite ulcerosa e malattia di Crohn sono patologie a carattere autoimmune caratterizzate da un’infiammazione della mucosa intestinale e per questo provocano diarrea, anche di tipo emorragico, dolore addominale e vomito. In Europa ne soffrono oltre 3 milioni di persone, almeno 200.000 in Italia.

Pazienti spesso molto giovani o in piena attività produttiva che devono fare i conti con una malattia che li accompagnerà per tutta la vita e che mette a dura prova la loro esistenza, come dimostrano i dati dell’indagine realizzata da Efcca: almeno il 22% dei pazienti non ha un accesso adeguato all’assistenza e alle cure, il 71% è costretto ad assentarsi dal lavoro mentre il 40% deve cambiarlo o lasciarlo; per non parlare di quel 20% dei pazienti che subisce la fine di un rapporto affettivo. “Questo progetto ci dà l’opportunità di parlare di Mici non solo in termini drammatici o negativi, come spesso accade, ma attraverso un puzzle di profili diversi, più positivi”, sostiene Luisa Avedano, Ceo di Efcca, “insomma, vogliamo dire che avere una di queste malattie non significa portarsi addosso sempre un fardello pesante ma che è possibile gestirle, imparare a conviverci e avere pur sempre la libertà di vivere la propria vita”.

In passato una diagnosi di Mici era una pesante ipoteca sul futuro a causa del carattere cronico e progressivo di queste patologie; inoltre la scarsa informazione su queste malattie espone i pazienti a un lungo iter di esami e accertamenti prima della diagnosi, ma anche a incomprensioni, pregiudizi e discriminazioni. Oggi però molte cose sono cambiate: queste malattie sono più conosciute che in passato ma, soprattutto, grazie alle nuove terapie biologiche che intervengono sulla progressione della malattia, le Mici non rappresentano più un ostacolo per una buona qualità di vita.

Traguardi resi possibili grazie anche alle innovazioni terapeutiche, tra le quali da oggi si può annoverare un nuovo anticorpo monoclonale indicato per i pazienti con colite ulcerosa di grado moderato-severo che non rispondono alle terapie tradizionali. “L’arrivo in Italia di golimumab è senza dubbio un’importante opportunità, un’arma in più per noi clinici, vista l’efficacia consolidata del farmaco e la comodità d’uso per i pazienti che, dopo la prima somministrazione in ambulatorio ospedaliero, possono comodamente autosomministrarsi il farmaco a casa con le penne pre-riempite una volta ogni 4 settimane”, afferma Alessandro Armuzzi dell’Unità Operativa di Diagnosi e Terapia delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, Complesso Integrato Columbus – Università Cattolica di Roma, “su questo farmaco sono stati condotti due importanti studi multicentrici nell’ambito del programma PURSUIT: uno studio di induzione della risposta e della remissione clinica, l’altro mirato a valutare il mantenimento delle stesse. Le evidenze hanno confermato la risposta clinica di trattamento di induzione con golimumab in oltre il 50% dei pazienti; per quanto riguarda lo studio di mantenimento, oltre il 50% ha mantenuto la risposta clinica continua per un anno e, infine, il 40% dei pazienti ad un anno dalla terapia ha mostrato la guarigione endoscopica”.

L’invito rivolto a tutti i pazienti con Mici e ai loro familiari è di armarsi di smartphone o videocamera e puntarli su un oggetto, una persona, un luogo: qualsiasi cosa permetta di capire meglio cosa significa convivere con una malattia di questo genere e non rinunciare a vivere la propria vita.

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