I diritti umani? Un lusso

Al di là della risposta militare, i governi occidentali stanno combattendo la guerra contro il terrorismo a suon di dispositivi legali. Dalla sicurezza aerea al segreto bancario, dalla pubblicazione di informazioni governative alla riservatezza della posta elettronica, molti sono i tabù caduti di fronte alla domanda di sicurezza. Soprattutto negli Stati Uniti. Dove, il 13 novembre scorso il presidente Bush ha scavalcato il Congresso con una direttiva, immediatamente esecutiva, che mira a istituire tribunali militari speciali per tutti i cittadini non-statunitensi accusati di terrorismo, ovunque si trovino. Una commissione militare sotto l’autorità del Presidente o del Ministro della Difesa giudicherà i membri di al Qaeda e chiunque attenti alla sicurezza del Paese nonché “chiunque sia interesse degli Stati Uniti che venga sottoposto a questa procedura” (sez. 2 art. 2). Le garanzie legali saranno ridotte, così come il valore giudiziario delle prove, la pubblicità del processo, la presenza di una giuria indipendente, la presunzione di innocenza, la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio e la possibilità di ricorrere in appello. Mai in passato (a parte durante la Guerra Civile) gli Stati Uniti erano ricorsi a provvedimenti avvolti da questo forte tono autoritario. Anche per i sanguinosi attentati di Oklahoma City e delle Twin Towers nel’93 e nel processo agli attentatori dell’aereo caduto a Lockerbie si sono utilizzate leggi e procedure ordinarie.

Insomma, i diritti umani sembrano essere oggi un lusso che perfino i Paesi occidentali non possono permettersi. “Oltre alle corti marziali il cui verdetto è inappellabile”, afferma Maximiliano Ferro, coordinatore di Amnesty International per l’America del Nord, “ci preoccupano le nuove leggi, le Patriot Laws, approvate alla fine di ottobre, che estendono la detenzione preventiva senza autorizzazione giudiziaria fino a sette giorni, permettono di eseguire perquisizioni senza mandato, danno facoltà al Segretario di Stato di giudicare in modo inappellabile qualsiasi organizzazione come terroristica”. Poteri che potrebbero colpire anche associazioni che non sono terroristiche ma solo scomode per il governo. Ma la denuncia di Amnesty non si limita alle leggi. “Già oggi molte persone sono detenute negli Usa senza motivazione e senza che sia comunicato l’arresto ai familiari, agli avvocati o, nel caso di cittadini stranieri, alle ambasciate (in violazione del trattato di Vienna che gli Usa hanno ratificato)”, dice Ferro. “Per gli arresti effettuati dopo l’11 settembre ci sono già pervenuti casi di maltrattamenti fisici e psicologici, come la deprivazione del sonno, abusi verbali e la mancanza di cibo. Le autorità non danno informazioni né sul numero di quanti sono detenuti per terrorismo, su chi siano, su dove vengono detenuti e per quali reati specifici”.

Sulla scia degli Stati Uniti si muove la Gran Bretagna, dove è stata attuata una deroga all’articolo 5 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani. Per giustificare il provvedimento è stata utilizzata una definizione molto vaga e imprecisa di terrorismo, ripresa dalla legislazione sull’Irlanda del Nord emanata a partire dagli anni Settanta. “Abbiamo già visto durante gli anni Ottanta cosa abbia prodotto questa legislazione”, fa notare Riccardo Michelucci coordinatori di Amnesty International per la Gran Bretagna. “Solo tre settimane fa due cittadini inglesi di origine palestinese, accusati di aver commesso un attentato nel 1994 all’ambasciata israeliana a Londra, sono stati condannati in appello sulla base di prove segrete, non prodotte cioè in dibattimento per difesa della sicurezza nazionale. E questo nonostante avessero fornito alibi e fossero state accertate numerose irregolarità nel corso del primo processo”, prosegue Michelucci. Con i recenti provvedimenti poi viene vanificato il diritto d’asilo perfino per le persone solo sospettate di terrorismo, una palese violazione della Convenzione dei rifugiati del 1951.

L’operazione “verità” del governo Blair mette quindi in discussione la garanzia internazionale dei diritti umani e rischia di essere, al di là della situazione presente, un lascito molto preoccupante per il futuro. “C’è sempre, in ogni Paese, un motivo per invocare il diritto dell’emergenza e dell’eccezione”, sottolinea Stefano Anastasia, presidente di Antigone, associazione italiana per i diritti e le garanzie nel sistema penale. “Se una delle ragioni ideologiche che hanno portato alla guerra in Afghanistan è l’affermazione dei diritti umani fondamentali contro un regime medievale e vergognoso, ora rischiamo che gli stessi diritti perdano significato anche in questa parte del mondo”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here