Categorie: Vita

I lemuri si riconoscono dal grugnito

I lemuri, come molti primati, utilizzano grugniti nasali per comunicare tra loro nel folto della foresta. Ma come fa un lemure fulvo a distinguere il proprio verso da quello di un lemure macaco, o da quello di un lemure dal ventre rosso? Dipende dalla forma del tratto vocale, diverso in ogni specie, che imprime un timbro caratteristico ai diversi richiami. A dimostrarlo è lo studio di un team di ricercatori dell’Università di Torino coordinato da Marco Gamba, del Dipartimento di scienze della vita e biologia dei sistemi, pubblicato sull’International Journal of Primatology.

Il lavoro dei ricercatori torinesi dimostra la validità, nel caso del riconoscimento dei richiami nel regno animale, della cosiddetta teoria Source Filter, che descrive l’emissione vocale come un processo in due fasi. All’inzio c’è la produzione del suono, con un suo spettro caratteristico, che, successivamente, viene modificato dalle proprietà di risonanza del tratto vocale.

Per testarne la validità, i ricercatori hanno studiato la morfologia del tratto vocale di tre specie di lemure – fulvo, macaco e dal ventre rosso – analizzando, per ognuna di esse, l’effetto che questa ha sull’emissione di grugniti nasali. Hanno poi costruito dei modelli computazionali in grado di mimare questi effetti, e, per controllarne l’accuratezza, li hanno confrontati con i richiami di esemplari in cattività registrati.

Analizzando i risultati, i ricercatori hanno scoperto che a caratterizzare i suoni emessi dalle tre specie di lemuri sarebbero le formanti: picchi di ampiezza nelle frequenze acustiche, normalmente utilizzati nello studio delle differenze sonore tra voci umane, e che dipendono dalla risonanza del tratto vocale. “Le formanti sono ciò che determina, da un punto di vista acustico, molte delle distinzioni fonetiche più importanti nel linguaggio umano”, ha spiegato Marco Gamba alla Bbc:“e sono anche una caratteristica chiave con cui riconosciamo il sesso di un parlante”.

I risultati dello studio mostrano quindi che l’apparato uditivo dei lemuri sarebbe in grado di distinguere le formanti caratteristiche dei richiami appartenenti a specie diverse. E quindi, come gli umani, anche i lemuri potrebbero essere capaci di discriminare tra diverse “voci”, in base alle caratteristiche di risonanza che le contraddistinguono.

Ora Gamba e il suo team si augurano che altri ricercatori seguano il loro esempio:“Al momento la modellazione del tratto vocale è sfortunatamente utilizzata quasi unicamente per studiare il linguaggio umano, ma è invece uno strumento incredibilmente potente”, ha concluso il ricercatore.

Riferimenti: International Journal of Primatology DOI 10.1007/s10764-012-9635-y 

Credits immagine: jans canon/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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