Sono le macchine da corsa del regno animale: i ghepardi possono raggiungere fino a trenta metri al secondo. E il merito, secondo uno studio pubblicato su Mammalian Biology coordinato da Megumi Goto dell’Università di Yamaguchi, è sia del motore che della carrozzeria. Questi animali infatti hanno muscoli con numerose fibre ad alta potenza, abbondanti soprattutto nella zona posteriore del corpo, una colonna vertebrale particolarmente flessibile e dita sviluppate per coordinare al meglio curve e rallentamenti.
Il segreto delle straordinarie performance del ghepardo risiederebbe in primo luogo nella particolare distribuzione dei diversi tipi di fibre muscolari. Ne esistono di “lente”, note come Tipo I – indispensabili negli sforzi prolungati ma meno utili negli sprint – e di “veloci”, di Tipo IIx, con proprietà opposte. Queste infatti forniscono una grande potenza al costo di una resistenza molto minore agli sforzi. L’ideale per la corsa e il galoppo. E il motore dei ghepardi, spiegano gli scienziati, sembra proprio quello di un’auto da corsa, con molti muscoli con una bassa percentuale di fibre muscolari di Tipo I e un’alta percentuale di Tipo IIx.
Ma ad aver colpito i ricercatori è stato soprattutto il modo in cui queste cellule sono distribuite, con notevoli differenze fra gli arti anteriori e quelli posteriori. I primi infatti abbondano di cellule “lente”, mentre nei secondi dominano quelle “veloci”. In questo senso, dunque, il ghepardo può essere definito un animale “a trazione posteriore”.
Tutta questa potenza viene scaricata sul terreno attraverso il torace dell’animale e le sue dita, soprattutto quelle anteriori, altri due elementi dotati di moltissime cellule di tipo IIx. I muscoli del petto consentono al ghepardo di correre con un passo lunghissimo, circa quasi sette metri. Questo è possibile anche grazie alla flessibilità della colonna vertebrale, che viene piegata e contratta con estrema facilità. Le dita sono invece fondamentali per controllare l’equilibrio, curvare e rallentare. Senza di esse, l’enorme potenza erogata dai muscoli del felino non potrebbe essere applicata con la stessa efficacia.
Riferimenti: Mammalian Biology http://dx.doi.org/10.1016/j.mambio.2012.07.001
Credits immagine: Malene Thyssen / Wikipedia
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