Spazio

IceCube, una nuova era per l’astrofisica

“È l’inizio di una nuova era per l’astronomia”. Non va certo per il sottile, Francis Halzen, ricercatore a IceCube, l’enorme rivelatore di particelle nel mezzo dei ghiacci dell’Antartide. E ne ha ben donde: la collaborazione internazionale che vi lavora ha infatti appena annunciato, in un lavoro pubblicato su Science, la scoperta di 28 neutrini ad altissima energia provenienti dall’esterno del nostro Sistema Solare. Si tratta della prima evidenza sperimentale di questo tipo, estremamente importante perché aiuterà la comunità scientifica a capire come, dove e perché si originano e si sviluppano i raggi cosmici e le particelle che ogni istante colpiscono la superficie terrestre.

I neutrini sono particelle subatomiche quasi prive di massa, che interagiscono molto raramente con la materia e per questo motivo arrivano sulla Terra praticamente inalterati rispetto a quando vengono generati, portando con sé preziosissime informazioni sui fenomeni a più alte energie e più lontani nell’Universo. Senza che ce ne accorgiamo, miliardi di neutrini passano attraverso il nostro corpo ogni secondo, ma la grande maggioranza di essi ha origine nel Sole o nell’atmosfera terrestre. I cosiddetti neutrini cosmici, invece, sono estremamente più rari. È per questo che la scoperta di IceCube è così importante. L’unica cosa certa sulla loro genesi è che avviene parecchio lontano da noi, probabilmente all’interno di potenti incubatori cosmici come supernove, buchi neri, nuclei galattici attivi o pulsar.

In effetti, IceCube sta dando parecchie soddisfazioni alla comunità scientifica. Era stato progettato per raggiungere due obiettivi: misurare il flusso di neutrini ad alta energia e provare a identificare le loro sorgenti. È costituito da 5.160 moduli ottici digitali sospesi su 86 stringhe incapsulate in un chilometro cubo di ghiaccio, ed è in grado di rivelare i neutrini osservando piccoli lampi di luce blu – la cosiddetta luce Cherenkov – prodotta quando le particelle interagiscono con il ghiaccio. E sembra funzionare bene: “Il segnale che abbiamo osservato è statisticamente molto significativo, con una confidenza di 4 sigma [che corrisponde al 99.99994% di attendibilità, nda]”, spiega Olga Botner, portavoce della collaborazione IceCube. “Ora stiamo lavorando per raffinare ulteriormente le osservazioni e comprendere esattamente cosa implicano”.

Tutto era iniziato ad aprile 2012, quando IceCube aveva rivelato Bert ed Ernie, i primi due neutrini ad altissima energia, oltre un petaelettronvolt (PeV). Dopo la scoperta, l’équipe ha cercato altri eventi nei dati raccolti tra maggio 2010 e maggio 2012, scoprendone in tutto 26, tutti con energie di 30 teraelettronvolt o più, il che è un indizio univoco che si tratta effettivamente di neutrini cosmici. Dal momento che essi si muovono in linea retta, senza risentire di forze esterne, possono fungere da riferimento per la ricerca del luogo in cui si sono originati. Sebbene “i 28 neutrini finora scoperti siano ancora troppo pochi per puntare in una direzione precisa”, conclude Gregory Sullivan, della University of Maryland, “stiamo raccogliendo altri dati. Alla fine, sarà come guardare una fotografia dello spazio con tempi di esposizione lunghissimi”. 

Via: Wired.it

Riferimenti: Science doi:10.1126/science.1242856
Credits immagine: Sven Lidstrom – IceCube/NSF

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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  • Frenamento capillare di un trizio, più che vibrante tra posizioni a reticolato, imbrigliante oltre che con il deuterio, ad un azione che ha la sua origine in oscillazioni tra (omega-omega°)/omega°, e risoluto da un (alfa°-alfa)/alfa°, a dimostrazione di un principio valido in ogni dove: pi^2 = e^2 + fi^2.

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