Categorie: Spazio

Il radiotelescopio più grande di sempre

Da ieri lo spazio conta un inquilino in più: RadioAstron, il più grande radiotelescopio a lasciare il nostro pianeta alla volta del cosmo. Lavorerà insieme ai colleghi rimasti a Terra per cercare di comprendere i segreti dell’ Universo: dal movimento dei corpi celesti allo studio dai buchi neri, alla formazione delle stelle, ai raggi cosmici e alla materia oscura. Con una precisione senza precedenti, come riporta il sito dell’ Inaf, partner italiano dell’impresa: 0,01 millesimi di secondo d’arco (riferita alla dimensione angolare, ovvero al sistema utilizzato in astronomia per misurare il diametro di un corpo celeste rispetto a un punto di osservazione). Merito dell’enorme antenna dal di cinque metri di raggio montata sul satellite (oltre che del lavoro di gruppo con altri telescopi terrestri).

Spectrum-R, l’altro nome di RadioAstron, scandaglierà lo Spazio raggiungendo una distanza massima di poco inferiore a quella che ci separa dalla Luna (350mila chilometri) e operando nella banda di frequenza che va da 0.327 a 25 GHz. Le sue misurazioni verranno usate dagli astronomi insieme a quelle dei telescopi terrestri grazie al cosiddetto Very Long Baseline Interferometry, un sistema attraverso cui le osservazioni di una sorgente di ogni singola strumentazione vengono combinate insieme per aumentare la risoluzione complessiva delle immagini e dei segnali acquisiti.

A dirigere i lavori del più grande radiotelescopio spaziale – partito ieri in sella al razzo Zenit3M-FregatSB da Baikonur in Kazakistan (video) è la Russia, con l’ Astro Space Center dell’Istituto di Fisica Lebedev dell’Accademia russa delle Scienze  insieme ad alcuni collaboratori nazionali e internazionali, tra cui anche il nostro paese, presente con l’ Istituto di Radioastronomia dell’ INAF di Bologna.

Riferimenti: wired.it

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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