Il senso delle donne per l’Ict

    “Le donne sono portatrici di una visione sempre attenta alla persona e alle componenti umanistiche di ogni problema e possono dare un contributo originale all’innovazione. Innovazione che va intesa come la capacità di includere punti di vista diversi per far emergere nuove domande e nuove soluzioni”. Parola di Gianna Martinengo, presidente di Didael, azienda di servizi Web per l’e-learning, e ideatrice di Women&Technologies®, la conferenza internazionale nata per valorizzare le eccellenze femminili nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e nell’innovazione. Giunta alla sua seconda edizione, la conferenza quest’anno si terrà il prossimo 9 novembre presso il Museo della Scienza e della Tecnologia a Milano.

    Dottoressa Martinengo, qual è il ruolo delle donne come innovatrici? È cambiato rispetto a dieci anni fa?
    “Donne innovatrici ne sono sempre esistite, da Hildegard von Bingen (XI-XII secolo) all’ultimo premio Nobel 2009 Elinor Ostrom, prima donna a riceverlo nell’ambito dell’Economia. Oggi c’è sempre più consapevolezza delle proprie forze e capacità. Ma non ne va fatta una questione di genere. Intelligenza femminile e intelligenza maschile, diverse per natura, devono integrarsi e interagire per favorire lo sviluppo della società”.

    Le donne hanno un ruolo specifico anche come utenti? Viene cioè da questa parte della società una “spinta dal basso” particolare?
    “Innovare non significa solo fare più in fretta o meglio quello che si faceva prima, ma soprattutto fare altro: concepire diversamente il problema, prima ancora che risolvere un problema concepito da qualcun altro. Le donne (anche madri, per esempio) grazie alla tecnologia possono “fare altro”. Da questo punto di vista possono dare un contributo originale. Anzi, poiché la vera innovazione nasce dalla capacità di includere punti di vista diversi per far emergere nuove domande e nuove soluzioni, è proprio la donna come utente – oltre che per ruolo specifico di manager o di ricercatrice – che può fare la differenza”.

    Nell’edizione 2009 di WT si parlerà di ‘trasversalità delle tecnologie’: cosa si intende con questa espressione? Le donne sono portatrici di una visione particolare in questo senso?
    “Fino a un recente passato l’iper-specializzazione è stata la strada seguita e considerata come il futuro sia nella ricerca sia nell’imprenditoria. Ciò ha però portato in molti casi a una specializzazione a “compartimenti stagni” che, estremizzando, ha prodotto buoni risultati in sé e per sé, ma privi di una capacità di confronto, arricchimento e miglioramento. Oggi ci si rende conto che la trasversalità fra le svariate discipline – e in particolare fra il mondo ICT e gli altri contesti – non soltanto è una grande ricchezza, ma è l’unica strada percorribile per aprire nuovi orizzonti. Un effetto di questa emergente trasversalità è la comparsa di una figura molto particolare (ancora rara, almeno in Italia): quella del “broker”, che sarà approfondita nel corso di una delle tre tavole rotonde dal tema, appunto, quella sulla trasversalità delle tecnologie”.

    Ci sono delle differenze di genere nelle attitudini al management?
    “Non sta a me ripetere ancora una volta l’importanza del contributo femminile nell’attuale società, in particolare dal punto di vista economico ed imprenditoriale. Esiste in Italia un Ministero delle Pari Opportunità, cosi come una ricca documentazione sia italiana che europea su quelle che si chiamano comunemente “politiche di genere”. Preferisco ragionare in puri termini economico-sociali, di rapporto costi/benefici. Fare politica significa per me scegliere, fra più possibilità, quella che offre la migliore aspettativa di successo per la collettività intera, non solo per una o l’altra categoria di cittadini. Penso che sia prioritario, fra le azioni da dedicare al sostegno dell’imprenditoria, orientarsi verso i soggetti femminili, perché diligenti, affidabili e meno saturi di altri. E che le specificità femminili offrano opportunità ancora inesplorate e molto promettenti per il progresso di tutti, non solo delle donne”.

    Qual è l’innovazione tecnologia che più di tutte sta contribuendo a cambiare la vecchia visione della donna nella società?
    “Senz’altro Internet e in particolare il Web 2.0. Le ricerche e i fatti ci dicono che le donne quando fanno impresa sono brave, perché sono portatrici di valori e abilità importanti, legate anche alle loro qualità relazionali, pragmatiche, creative e soprattutto di particolare attenzione alle persone. Per fare impresa ci vuole fiuto e intuito, capacità d’ascolto, il senso di sapersi relazionare con gli altri, oltre al sacrificio del lavoro quotidiano, molte volte senza orari. Il Web 2.0 connette a livello planetario le persone offrendo strumenti di produzione, costruzione d’informazione e conoscenza, non solo di consumo. In questa dimensione le capacità tipicamente femminili trovano una grande possibilità di espressione e concretezza”.

    È un cambiamento che è già realtà o c’è ancora strada da fare?
    “Il cambiamento c’è stato, ma purtroppo riscontriamo ancora delle incongruenze. Per esempio, in Europa le ragazze delle scuole superiori superano di gran lunga i loro compagni in risultati e numero in tutte le materie, comprese quelle di ambito tecno-scientifico. Eppure se guardiamo i dati Eurostat scopriamo che le donne occupate nel settore R&D sono solo il 20 per cento del totale, i loro stipendi sono inferiori a quelli dei colleghi maschi, e solo il 30 per cento dei manager europei sono donne”.

    Credit immagine: Women and technology

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