Il silenzio dei colpevoli

Da vent’anni persegue lo stesso obiettivo: far conoscere in tutto il mondo la drammatica esperienza vissuta dagli indigeni canadesi nelle “residential schools”, i collegi istituiti alla fine dell’Ottocento in Canada e gestiti dalla chiese cattoliche e protestanti. Veri e propri lager dove in centinaia di migliaia hanno subito violenze di ogni tipo e da cui molti non sono usciti vivi. Le stime parlano di 50.000 bambini scomparsi nei cento anni della loro esistenza.

Ed è la ragione per cui in questi giorni il reverendo protestante Kevin Annett, soprannominato “whistleblower”, ossia colui che lancia l’allarme (letteralmente che soffia il fischietto),  sta girando l’Europa accompagnato da Clarita Vargas, Henry Charles Cook, sopravvissuti a un’infanzia nelle scuole dell’orrore. La loro storia, insieme ad altre raccolte nel documentario “Unrepentant” che qui vi proponiamo grazie alla disponibilità di Arcoiris.tv, è stata ascoltata lo scorso 7 aprile a Roma durante una conferenza organizzata dall’associazione Anticlericale.net e dai Radicali Italiani.

Violenze fisiche, abusi sessuali, pressioni psicologiche, elettroshock, condizioni igieniche che favorivano la diffusione di malattie letali.  E’ quanto accadeva, secondo i racconti dei sopravvissuti, in quasi tutte le 130 scuole residenziali (due terzi gestite da cattolici) istituite dal governo canadese con lo scopo di “cristianizzare” i bambini indigeni, che venivano strappati alle famiglie da piccoli e costretti a intraprendere il penoso programma educativo: cancellare ogni traccia delle loro origini, far dimenticare la lingua, le tradizioni, la religione. Insomma “uccidere l’indiano che è nel bambino” (killing the indian in the child).

E’ questa la storia che Annett è venuto a raccontarci, dopo averla affrontata in due libri: “Hidden from History: The Canadian Holocaust” del 2001 e “Love and Death in the Valley” del 2002.

Nominato nel 1992 ministro della Chiesa Unita del Canada nella piccola cittadina di Port Alberni, Annett si domandò subito come mai i suoi sermoni venissero disertati dalla popolazione indigena, un terzo dei 17.000 abitanti. Non gli ci volle molto per scoprire che a tenere lontani gli indiani dagli altari era il rancore per le violenze subite nelle residential schools.

Da allora,  quello che Annett non stenta a definire un “genocidio nascosto alla storia”, continua ad arricchirsi di nuovi inquietanti dettagli che vengono periodicamente ripresi, a dire il vero senza troppa enfasi, dai media canadesi e stranieri. E la verità storica comincia a prendere a forma.

Tanto che Benedetto XVI, superando un prolungato atteggiamento omertoso della Chiesa, nel 2009 si sentì in dovere di  riconoscere i crimini del suo clero e presentare le scuse ufficiali a una delegazione di indigeni canadesi ricevuta in Vaticano. Eppure fino a oggi i colpevoli non hanno un nome,  nessun tribunale ha emesso condanne e non si hanno informazioni certe sul luogo di sepoltura delle salme. Fatti inaccettabili per il reverendo Annett che proseguirà la sua campagna di denuncia fino alla fine di aprile in Inghilterra, Irlanda e Germania.

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