Il web è un papillon

Una delle caratteristiche principali del World Wide Web, sbandierata con orgoglio dagli entusiasti della rete, è la possibilità di raggiungere gli angoli più remoti del pianeta con pochi colpi di mouse. E gli scienziati avevano anche calcolato il diametro del Web, pensandolo come un grande cerchio: 18 clic erano necessari per andare da un capo all’altro online. Ma ora un nuovo studio, molto più vasto dei precedenti, ribalta queste conclusioni: il 10 per cento dei siti è infatti isolato dal cuore del web, mentre il restante 90 per cento forma una struttura che ricorda, dal punto di vista grafico, un papillon. A ridisegnare la topologia della rete sono stati tre colossi dell’information technology: Compaq, Ibm e Altavista. Mettendo in piedi un team di ricerca che ha analizzato oltre 500 milioni di pagine web, registrando tutti i link in entrata e uscita. I ricercatori hanno così individuato tre grandi zone all’interno del papillon, battezzate origine, nucleo e destinazione. Il nucleo – che corrisponde al nodo del papillon – contiene circa un terzo dei siti Web ed è una zona ad elevata connessione: i navigatori possono infatti spostarsi agilmente tra le pagine di questo cuore pulsante della rete.

La zona di origine, invece, comprende tutte le pagine che permettono di muoversi verso il nodo centrale. Questi siti, pari al 25 per cento del totale, non possono però essere raggiunti con il percorso inverso: sono infatti inaccessibili se si sta navigando nel nucleo.

La destinazione è la seconda ala della farfalla che rappresenta il Web: a questa zona, grande quanto quella di origine, è possibile accedere dai siti che formano il nucleo. Ma, anche qui, è vietato il viceversa: il cuore del Web non si raggiunge dalla zona di terminazione. Inoltre non esiste alcun percorso digitale che congiunga l’origine alla destinazione, in entrambi i versi. Infine, la costellazione sparpagliata di siti fuori dal papillon può, a volte, essere raggiunta a partire da una delle due ali, ma mai dal nucleo centrale.

Questa sorta di complicato “Tuttocittà” della Rete, basato sull’analisi di circa metà delle pagine Web esistenti (la stima attuale dei siti presenti supera infatti il miliardo) mostra quindi l’esistenza di veri e propri sensi unici per la navigazione, di zone impervie e di rotte inaccessibili. Come afferma Nam LaMore, ricercatore dell’Ibm: “L’evidenza sperimentale del nostro studio disegna un quadro piuttosto dettagliato. Porzioni significative del Web non possono essere raggiunte da zone altrettanto consistenti e importanti. E in molti casi in cui la connessione è possibile, servono comunque centinaia di clic per completare il tragitto”.

Le implicazioni di questi risultati sono molteplici: innanzitutto conoscere la reale struttura del Web potrebbe permettere di disegnare la nuova generazione di motori di ricerca in grado di muoversi agilmente tra i sensi unici della Rete. Non è infatti un caso che una delle compagnie che ha ideato lo studio sia proprio un famoso webcrawler come Altavista. In seconda battuta, l’analisi dettagliata del papillon potrebbe ridefinire le gerarchie dell’e-commerce, come spiega Eileen Quinn della Compaq: “Il nostro studio mette in luce l’importanza di trovarsi nel nucleo centrale, con link in entrata e in uscita al proprio sito. Chi si trova nella zona d’origine, invece, deve raddoppiare gli sforzi per rendersi visibile ai motori di ricerca”. I ricercatori ritengono inoltre che la struttura a papillon rimarrà valida anche con l’evoluzione del Web. E sono già al lavoro per mettere a punto modelli matematici per prevedere e gestire lo sviluppo della Rete.

Commenti positivi sulla ricerca vengono perfino da chi ha visto polverizzato il proprio lavoro. E’ il fisico Albert-Laszlo Barabasi dell’Università di Notre Dame nei pressi di Chicago, autore del precedente studio che ipotizzava un diametro a 18 clic: “Il mio era uno studio personale, un’analisi della Rete a carico di un solo uomo. E ragionava, comunque, in termini di distanze medie. E’ bello vedere come finalmente qualcuno abbia investito risorse importanti per mappare la struttura del Web”.

Ma il lavoro dei tre giganti dell’online non è isolato. Parallelamente, infatti, i prestigiosi Bell Laboratories americani stanno mappando la rete dal punto di vista delle connessioni fisiche. Invece di considerare i link tra le diverse pagine Web, i ricercatori dell’Internet Mapping Project guardano a come è fatta l’ingarbugliata matassa dei cavi che collegano tra loro i computer di tutto il mondo. Una vera e propria ragnatela di collegamenti che ogni giorno si arricchisce di nuove diramazioni. Le mappe dei Bell Laboratories sono dettagliatissime e mettono in evidenza la continua crescita della rete, ma anche il suo eventuale ritrarsi in alcune zone del pianeta. Come per esempio nella ex Jugoslavia durante la guerra. Insomma sembra esser nata una nuova disciplina, la cybergeography. Matematici e informatici sono già al lavoro per studiare le mappe del mondo digitale e trovare le scorciatoie su cui far viaggiare più velocemente i nostri dati.

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