Un gruppo di studiosi guidato dal virologo dell’Università di Madison (Wisconsin) Yoshihiro Kawaoka descrive su Nature di questa settimana alcune caratteristiche del virus che nel 1918 uccise rapidamente circa 50 milioni di persone, la maggior parte delle quali nel fiore degli anni.
Gli scienziati, presso il Public Health Agency del National Microbiology Laboratory di Winnipeg (Canada), hanno usato geni ottenuti dai tessuti delle vittime della grande pandemia del ’18 per ridare vita e funzionalità al virus. Sono state quindi infettate sette scimmie ed è stata osservato che l’infezione ha generato nell’organismo una risposta immunitaria anomala. In pratica erano assenti le tipiche reazioni corporee alle infezioni virali; si è prodotto invece un attacco del sistema immunitario contro quello respiratorio. Non appena le cellule immunitarie hanno attaccato i polmoni, questi si sono riempiti di fluido e le vittime sono morte per annegamento polmonare.
La stessa anomala reazione immunitaria è tipica delle complicazioni letali dell’influenza aviaria H5N1, anche se quest’ultima non ha ancora dimostrato la capacità di trasmettersi da uomo a uomo. L’abilità di modulare la risposta immunitaria potrebbe essere quindi una caratteristica comune ai virus più potenti e aggressivi.
Questa ricerca aggiunge un importante tassello alla comprensione dei virus dell’influenza, ma ancora diversi elementi devono essere chiariti. Per esempio è stato dimostrato che, subito dopo l’infezione, il virus fa “qualcosa” all’organismo ospite che gli consente di crescere rapidamente ma non si sa ancora di cosa si tratti. Scoprirlo potrà aiutare ulteriormente lo sviluppo di strategie di intervento per fermare o mitigare le potenzialità letali di tali patogeni. (m.r.)
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