In rete contro la tratta

Strappate alla famiglia, ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi sui marciapiedi di un paese straniero. Sotto la minaccia di abusi sessuali e sevizie di vario tipo. È questo il calvario che ogni anno migliaia di donne dell’est europeo subiscono a opera di connazionali che si avvalgono della complicità delle mafie occidentali. Un fenomeno, quello del traffico di esseri umani, che in Europa coinvolge circa 500 mila persone tra donne e bambini (700 mila nel mondo), e che l’Unione europea ha deciso di sfidare con un consorzio di organizzazioni di donne in grado di prestare soccorso immediato e assistenza a medio e lungo termine alle vittime di questa vera e propria tratta. L’iniziativa, che fa seguito a due progetti comunitari, Daphne e Stop, realizzati negli anni passati al fine di combattere la violenza contro i minori e le donne, è il frutto di una nuova linea adottata dal Parlamento europeo nel 2002. Un impegno che prevede 300 mila euro di finanziamento alle organizzazioni femminili non coperte dalla European women’s lobby, la più grande associazione del Vecchio Continente che raggruppa organizzazioni non governative di questo tipo. Una linea di azione, inoltre, intrapresa non certo a caso alla soglia dell’imminente ingresso nella Ue, previsto tra il 2004 e il 2007, di 12 paesi (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia, Ungheria, Bulgaria e Romania). Quegli stessi, in gran parte, da cui provengono ogni anno 120 mila tra donne e bambini destinati al mercato della prostituzione e dello sfruttamento commerciale. La creazione del consorzio è stata annunciata da Anna Diamantopoulou, Commissario europeo per l’occupazione e gli affari sociali, nel corso del convegno “Puntare i riflettori sulla tratta delle donne”, svoltosi a Siracusa il 5 e 6 dicembre scorso. E a coordinarne le attività sarà proprio una Ong italiana: Irene (Iniziative, Ricerche, Esperienze, Nuova Europa). “Ci siamo già occupati del traffico di esseri umani nell’ambito dei progetti Daphne e Stop”, spiega Elena Garavaglia, co-responsabile del progetto all’interno di Irene, “e abbiamo messo in atto anche altre iniziative sul medesimo tema tra campagne di informazione, seminari e incontri. Fino a quando, lo scorso anno abbiamo vinto il bando per il coordinamento delle piccole organizzazioni che in Italia, Francia, Grecia, Spagna, Danimarca, Belgio e Norvegia si occupano di assistere e tutelare le donne. Un compito che non svolgeremo completamente da soli: Irene infatti coordinerà le Ong del sud Europa, mentre associazioni simili in Belgio e in Islanda dirigeranno rispettivamente le Ong del centro e del nord Europa”. “L’idea alla base del progetto”, continua Garavaglia, “è quella di costruire una rete di associazioni e di esperti nella lotta al traffico delle donne per condividere le risorse, le esperienze, le strategie a livello nazionale e internazionale di prevenzione e di assistenza alle vittime”. Ma di cosa si tratta nel concreto? “Queste associazioni no profit sono composte da unità di strada che tentano un primo approccio con le donne e le ragazze cadute nel giro della prostituzione, fornendo loro informazioni su come uscirne. Poi comunità “nascoste” di primo e secondo livello le accolgono e tentano di inserirle nel mondo del lavoro e nella società civile”. Non è ovviamente facile uscire da un giro cruento: “queste giovani”, dice Garavaglia, “vengono circuite nei loro villaggi d’origine da coloro che ne diventano poi i protettori (e che spesso sono i loro fidanzati), con la promessa di un lavoro ben pagato, magari come domestica, come cameriera o come operaia in un’industria. Ingannate e lese nei loro diritti di persona, subiscono violenze fisiche e sessuali, crudeltà psicologiche e ricatti, a cui sottostanno per paura che il protettore si vendichi sulle loro famiglie”. La prevenzione invece si affida a strumenti di scambio tra le stesse Ong: rapporti annuali sull’efficacia delle legislazioni, delle politiche nazionali e delle convenzioni internazionali; raccomandazioni rivolte direttamente ai decision maker della Ue; iniziative di pressione sui governi per giungere alla ratifica del Protocollo Onu sul traffico degli esseri umani. Tappe fondamentali della costruzione prima, dell’allargamento poi, di questa rete di Ong, saranno inoltre “l’elaborazione di un portale dedicato al traffico delle donne per sfruttamento sessuale”, annuncia Garavaglia, “in procinto di essere messo on-line fra qualche mese all’indirizzo www.aretusa.net, e l’organizzazione di un seminario che si terrà in giugno a Reykjavik (Islanda) in cui si parlerà delle buone pratiche di contrasto al fenomeno”.

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