Categorie: Salute

Influenza: meglio vaccinare contro i virus di domani

A febbraio di ogni anno gli esperti dell’Oms si riuniscono per decidere quali ceppi di influenza inserire nella nuova campagna vaccinale. Il picco influenzale però si avrà solo l’inverno seguente, e i virus vagliati dall’Organizzazione mondiale della sanità hanno quindi quasi un anno di tempo per evolvere, e rendere meno efficace il nuovo vaccino. Uno studio internazionale coordinato dall’Università di Cambridge propone oggi una nuova strategia: non più scegliere tra i virus in circolazione, ma aggiornare preventivamente il vaccino cercando di prevedere le possibili mutazioni del virus. A renderlo possibile, spiegano i ricercatori sulle pagine di Science, sarebbe un fenomeno immunologico definito back boost.

Il virus dell’influenza in effetti è un osso duro per gli esperti di vaccini. Esistono infatti moltissimi ceppi del virus in circolazione, che ogni anno evolvono rapidamente diminuendo l’efficacia dei vaccini precedenti. Alle aziende produttrici occorrono però diversi mesi per produrre le dosi di farmaco necessarie a vaccinare tutta la popolazione a rischio, ed è per questo che gli esperti dell’Oms sono costretti a cercare di azzeccare con ampio anticipo quali ceppi colpiranno durante l’epidemia dell’anno a venire.

Per cercare di migliorare l’efficacia di queste previsioni, nel nuovo studio i ricercatori hanno utilizzato una tecnica definitaantibody landscape, o panorama anticorpale, che sfrutta la potenza di calcolo dei computer per realizzare una rappresentazione tridimensionale delle risposte immunitarie di una singola persona. Il risultato è un’immagine 3D con monti che rappresentano le aree di memoria immunologica, cioè gli antigeni verso cui l’organismo è protetto, e valli in cui sono presenti i virus verso cui il sistema immunitario risulta impreparato.

Applicando questa tecnica ad una enorme mole di dati sulle infezioni di influenza degli ultimi 43 anni, i ricercatori sono riusciti a studiare con grande accuratezza la risposta immunitaria del nostro organismo ai virus, come quello influenzale, in grado di mutare e reinfettarci periodicamente. Quello che hanno scoperto è che quando veniamo infettati da un nuovo ceppo di influenza, il nostro sistema immunitario produce una forte risposta non solo verso il nuovo virus, ma anche verso tutti quelli incontrati in precedenza (cioè quelli che hanno circolato, e che abbiamo quindi probabilmente già incontrato anche senza sviluppare la malattia). Un fenomeno che i ricercatori hanno deciso di chiamareback boost, (possiamo tradurlo con qualcosa come “potenziamento retrogrado”), e che potrebbe aiutare a migliorare in futuro l’efficacia dei vaccini.

“La scoperta cruciale è che se noi aggiorniamo preventivamente i ceppi di virus utilizzati nei vaccini, quello a cui assistiamo è una migliore protezione nei confronti dei virus che devono ancora presentarsi, senza che questo peggiori in alcun modo l’efficacia verso i virus già in circolazione”, spiega Sam Wilks, uno dei ricercatori di Cambridge che ha coordinato il nuovo studio.

Cercare di indovinare in che modo evolveranno i virus sarebbe insomma più efficace che utilizzare semplicemente i ceppi virali già presenti nella popolazione. “Di fronte all’incertezza sulle possibili evoluzioni del virus è meglio provare a scommettere sul risultato piuttosto che assumere un atteggiamento conservativo”, aggiunge infatti Wilks. “Aggiornando il vaccino in anticipo infatti risulta comunque efficace verso i ceppi in circolazione, mentre il risultato è peggiore se si aggiorna il vaccino troppo tardi”.

Il bello, spiegano i ricercatori, è che questo approccio non modificherebbe in alcun modo i processi di produzione dei vaccini, e potrebbe quindi essere messo in pratica in tempi brevissimi. L’unica cosa che manca al momento è un modello efficace con cui prevedere l’evoluzione dei virus. Un problema a cui il team coordinato dall’Università di Cambridge sta già lavorando, e che presto spera di combinare con lo studio degli antibody landscape per verificare con uno studio clinico l’efficacia di questi vaccini preventivi.

via Wired.it

Credits immagine: via Pixabay

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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