In Bosnia Herzegovina deve essere mantenuto alto il livello di guardia per le acque sotterranee e potabili e per il suolo contaminati dall’uranio impoverito dei bombardamenti del 1994 e del 1995. Lo afferma un nuovo rapporto dell’Unep, l’agenzia Onu per l’ambiente, che dipinge una situazione analoga a quella rilevata da precedenti studi realizzati dall’agenzia in Kosovo (2001), in Serbia e in Montenegro (2002).
Il documento fornisce anche alcuni nuovi elementi per la valutazione del rischio ambientale. In primo luogo, si documenta che la contaminazione del suolo nei 15 siti presi in considerazione si ferma a 1-2 metri di profondità. Secondo, rivela che i proiettili rimasti sotto terra si sono corrosi rapidamente, perdendo in sei anni circa il 25 per cento della loro massa. E ciò significa che nel giro di 25-30 anni si saranno completamente dissolti andando a contaminare ulteriormente le falde acquifere. Infine, riporta che in due casi è stata rilevata anche una contaminazione atmosferica, in particolare all’interno di alcuni edifici all’epoca colpiti dai bomardamenti e oggi ancora utilizzati. L’inquinamento sarebbe dovuto al sollevamento da parte del vento o di interventi umani di particelle di uranio rilasciate nelle esplosioni.
Nonostante non abbiano potuto stabilire una correlazione diretta tra l’esposizione all’uranio impoverito e la comparsa di specifiche forme tumorali sulla popolazione, gli esperti raccomandano la bonifica dei siti contaminati. Per esempio, la raccolta dei resti delle munizioni e la copertura dei suoli contaminati con asfalto o terrea pulita. (s.ca.)
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