Dai laboratori ai campi per combattere la malaria. I ricercatori dell’Università di York hanno completato la mappa genetica dell’Artemisia annua, pianta da cui si ricava l’artemisinina, sostanza utilizzata per la cura della malattia, pubblicando i risultati su Science. Lo studio permetterà di individuare le linee genetiche che possiedono quei caratteri chiave per incrementare la redditività dei raccolti abbassandone i costi. Migliorare la produttività dei raccolti, infatti, è uno dei nuovi obiettivi dei ricercatori nella battaglia contro la malaria.
Il risultato ottenuto dal gruppo di ricerca coordinato da Ian Graham dell’Università di York arriva a 25 anni di distanza da quando Daniel Klayman dello Smithsonian Institution riuscì a cristallizzare l’artemisinina pura. Prima di allora, solo gli scienziati cinesi sapevano farlo, ma non erano ben disposti a collaborare con i colleghi occidentali. Solo un anno fa, però, la Food and Drug Administration ha finalmente approvato un protocollo per l’uso dell’artemisinina nel trattamento delle forme meno acute di malaria.
Questo ha portato a una crescita della domanda e lo studio di Graham potrebbe di risolvere uno dei maggiori problemi connessi all’uso terapeutico dell’Artemisia: soddisfare la richiesta mondiale. “Intendiamo fornire nuove sementi agli agricoltori entro i prossimo due o tre anni”, ha spiegato Dianna Bowels, coautrice dello studio, “è un termine molto stretto e possiamo farcela solo utilizzando le nuove informazioni nascoste in questa mappa”.
Tuttavia c’è chi ritiene improbabile che solo migliorando le tecniche di coltivazione si riesca a soddisfare la crescente richiesta di questa pianta. Ecco perché la Fondazione Bill e Melinda Gates e la Medicines for Malaria Venture – partnership internazionale pubblica e privata che ha finanziato lo studio dell’Università di York – sta pensando a una triplice strategia da realizzare entro il 2015. Oltre a implementare le tecniche di orticoltura per rendere le piante più robuste e produttive, altri due obiettivi sono sviluppare composti sintetici simili all’artemisinina facili da produrre e più economici, e lavorare a sistemi batterici in grado di sintetizzare precursori di questa sostanza.
Purtroppo entrambe queste ultime due strategie hanno mostrato più limiti di quanto previsto e sembra che l’unica strada capace di garantire risultati immediati sia proprio quella “botanica” intrapresa da Graham. (m.s.)
Riferimenti:Science DOI: 10.1126/science.1184780
DOI: 10.1126/science.1182612
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