La degenerazione maculare è la causa più comune di perdita della vista legata all’età e le stime dicono che entro il 2040 colpirà 288 milioni di persone nel mondo. La forma “umida”, quella dovuta alla formazione anomala di nuovi vasi sanguigni nella retina, non ha ancora una cura definitiva e le terapie standard sono lunghe, invasive e spesso non risolutive. Una proteina di fusione (o chimerica, ottenuta cioè combinando parti o intere proteine) sviluppata dai ricercatori della Shanghai Jiao Tong University School of Medicine, però, potrebbe migliorare le cose: negli studi preclinici e in un piccolo studio clinico su 31 pazienti ha dimostrato di bloccare la formazione di nuovi vasi e di migliorare l’acuità visiva.
Dopo i 55 anni, una persona su cinque viene colpita da degenerazione maculare, una patologia che, se non trattata, compromette in modo grave la vista: non si riesce più a leggere, a riconoscere i volti e la prospettiva di una vita indipendente si riduce. Quella definita “umida” o neovascolare è dovuta alla formazione anomala di nuovi vasi sanguigni, le cui pareti sono fragili e che riversano liquidi nella retina, danneggiandola.
Per la degenerazione maculare neovascolare esistono oggi delle terapie che prevedono iniezioni intraoculari di farmaci anti-angiogenetici, cioè molecole (per esempio bevacizumab) che inibiscono la formazione di nuovi vasi sanguigni bloccando il fattore di crescita Vegf. La terapia funziona solo in parte: in più del 30% dei casi la malattia progredisce verso forme più gravi e dati recenti mostrano che dopo 5-7 anni più di due terzi dei pazienti perdono quanto avevano acquisito con i trattamenti. Servono, insomma, nuove strategie.
Degenerazione maculare, la terapia genica funziona: i primi dati
Se da una parte si sta cercando di sviluppare terapie geniche per ovviare all’invasività delle cure e impedire la degenerazione della retina, dall’altra la ricerca ha messo in luce che i meccanismi che vedono coinvolto Vegf non sono gli unici a guidare lo sviluppo della patologia. Anche il sistema del complemento, una componente del sistema immunitario coinvolto nella coagulazione del sangue, sembra giocare un ruolo importante.
Per questo i ricercatori della Shanghai Jiao Tong University School of Medicine hanno progettato una proteina di fusione, chiamata efdamrofusp alfa, che neutralizza sia l’azione del Vegf sia quella di alcune proteine del sistema del complemento.
Testato in studi preclinici e in un piccolo studio clinico su 31 pazienti, il trattamento con la proteina di fusione ha dato solo lievi effetti collaterali e ha migliorato i punteggi di acuità visiva.
Secondo gli esperti c’è un grosso potenziale per uso clinico per il trattamento sia della degenerazione maculare umida sia di altre patologie oculari, anche se l’efficacia dovrà essere confermata da studi clinici randomizzati più ampi.
Riferimenti: Science Translational Medicine
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