Categorie: Spazio

La luce mancante delle stelle 75 anni per svelare un mistero

Non tutta la luce delle stelle molto brillanti arriva fino a noi. Alcune sue importanti componenti scompaiono durante il viaggio attraverso il cosmo. Ma l’assorbimento di queste componenti è anomalo e finora nessuno aveva trovato una spiegazione credibile. Dopo più di 75 anni di ipotesi ed esperimenti, due ricercatori dell’Ibm sostengono ora di avere trovato la soluzione del mistero. E come in ogni mistero che si rispetti, la soluzione è la più semplice possibile. E’ l’idrogeno, secondo Peter Sorokin e James Glownia, a impoverire la luce delle stelle.

La prima prova dell’assorbimento anomalo della luce proveniente da stelle giovani e molto brillanti (anche un milione di volte più del Sole) si ebbe nel 1920. Nel decennio successivo si comprese che l’assenza di alcuni particolari colori nello spettro doveva dipendere da materia interposta tra le stelle osservate e la Terra. Solo che tutte le sostanze note danno origine ad assorbimenti che riguardano colori diversi da quelli “scomparsi” dalla luce delle stelle. Ecco perché gli astrofisici di tutto il mondo hanno proposto di volta in volta sostanze sempre più esotiche: dai composti aromatici, al fullerene (la supermolecola di carbonio la cui scoperta è stata recentemente premiata con il Nobel per la chimica), da composti simili ai gas di scarico delle automobili, alla clorofilla. Mai però gli esperimenti condotti con questi materiali hanno riprodotto gli stessi assorbimenti che si verificano negli spazi interstellari.

Qualcosa del genere è invece successo nel T.J. Watson Research Center dell’Ibm, nello stato di New York. Ed è successo quando nell’ampolla è stato immesso idrogeno, l’elemento chimico più semplice e comune dell’universo. Sorokin e Glownia, i due autori della scoperta, hanno colpito le molecole composte da due atomi di idrogeno (e tenute a quasi 200 gradi sotto zero) con una luce laser molto intensa. Hanno simulato così il processo che si verifica quando la luce stellare investe una nube di idrogeno in prossimità della stella. Il risultato è stato un assorbimento di luce simile a quello osservato per oltre settant’anni dagli astrofisici.

Secondo Sorokin e Glownia parte della luce proveniente dalla stella colpisce le molecole di idrogeno e rimane intrappolata nella nube. Si tratta dello stesso fenomeno grazie al quale il cielo sopra le nostre teste appare azzurro, nonostante la luce del Sole sia bianca. Infatti parte della luce solare gioca a rimpiattino con le molecole di gas dell’atmosfera, rimbalzando ininterrottamente dall’una all’altra. Allo stesso modo alcune componenti della luce delle stelle rimarrebbero, stando alla teoria di Sorokin e Glownia, prigioniere delle nubi di idrogeno disseminate nello spazio.

Una soluzione che pur essendo molto semplice è sfuggita per decenni. Forse perché finora, nel descrivere i processi di assorbimento di luce da parte dell’idrogeno, non si era tenuto conto di effetti piccoli, ma non trascurabili. Effetti che che invece sono pane quotidiano per chi, come Sorokin e Glownia, studia e realizza sorgenti di fasci laser.

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