La scienza europea si fa femmina

Una ricerca fatta dalle donne, per le donne e sulle donne (“par, pour e sur les femmes”): così Edith Cresson, commissaria europea per il settore ricerca e sviluppo, immagina la scienza europea per il passaggio di millennio. Da decenni il binomio donne e scienza è oggetto di ricerche e studi da parte di scienziate (ad esempio, in Italia esiste il Coordinamento Donne e Scienza, con sede a Bologna, che ha prodotto negli anni diversi lavori sull’argomento). Ma oggi, per la prima volta, il problema viene portato sotto i riflettori della politica ufficiale: alla fine di aprile la commissaria Cresson ha sancito ufficialmente l’ingresso delle pari opportunità per i due sessi nei programmi di R&S europei. La questione che riguarda il rapporto fra le donne e la scienza ha diverse sfaccettature. Innanzitutto, il numero di scienziate che ricopre posti di rilievo nel mondo accademico è scarso, e diminuisce mano a mano che si sale la scala gerarchica. Poi, il fatto che a dirigere progetti di ricerca e a prendere decisioni non sono le donne, da cui deriva l’assenza di modelli a cui ispirarsi per le studentesse, e la presenza di pregiudizi di genere nella valutazione dei titoli per la carriera universitaria.

“Incoraggiare la partecipazione delle donne ai progetti di ricerca, formare équipe di lavoro più bilanciate, raccogliere dati statistici sulla effettiva presenza femminile nei programmi scientifici e negli organi di consultazione”: queste le proposte della commissaria francese che dovrebbero prendere corpo all’interno del Quinto programma quadro per la ricerca in Europa, in vigore dalla fine di quest’anno fino al 2002. Di fronte alle quattrocento donne, scienziate e politiche, presenti all’incontro di Bruxelles Edith Cresson ha argomentato le sue proposte.

“La prima questione, quella più importante, riguarda l’effettiva presenza delle donne nella scienza. A tutt’oggi” ha spiegato la commissaria, “le donne non occupano nel mondo della ricerca il posto che potrebbero, e dovrebbero, occupare, con conseguenze negative sulla società nel suo complesso. Poi, occorre implementare un tipo di ricerca più aderente alle necessità delle donne. Alcuni temi riguardanti la sanità, il lavoro o i trasporti interessano soprattutto il genere femminile, ed è importante che siano presenti nei programmi di R&S europei”. Infine, c’è la questione degli studi sulle donne e la condizione femminile. “Un cospicuo lavoro di grande valore, svolto soprattutto dalle ricercatrici anglosassoni. Sarebbe auspicabile che un intervento a livello comunitario garantisse una maggiore diffusione di questi studi e sostenga nuove ricerche”, conclude Edith Cresson.

Per giugno è prevista la decisione del Consiglio d’Europa. Se la proposta della Commissione verrà accettata, le pari opportunità entreranno ufficialmente nella ricerca comunitaria, partecipando al finanziamento complessivo richiesto per l’intero programma di R&S che ammonta a 16,3 miliardi di Ecu.

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