Categorie: Società

La sentenza è più mite se il giudice ha mangiato

Quando un imputato entra in aula, in attesa della sentenza, farebbe meglio a sperare che il giudice abbia appena mangiato: in questo caso sarà ben disposto a elargire eventuali grazie. Uno studio pubblicato su Pnas suggerisce infatti che per un prigioniero la probabilità di ricevere la libertà per buona condotta sarebbe maggiore se al momento della sentenza il giudice ha la pancia piena. La ricerca, guidata da Jonathan Levav della Columbia University di New York, suonerebbe come una conferma del detto popolare americano che “la giustizia è quello che il giudice ha mangiato per colazione” (justice is what the judge ate for breakfast).

Lo studio dei ricercatori è cominciato proprio da questo, ovvero con lo scopo di scoprire se dietro il detto proverbiale si celasse o meno qualche fondo di verità. Per capirlo, gli scienziati hanno registrato per cinquanta giorni gli esiti di oltre mille sentenze emesse (in sequenza) da alcuni giudici, chiamati a decidere se concedere o meno la libertà per buona condotta ad alcuni prigionieri di carceri israeliane, annotando il momento della giornata in cui venivano emessi i verdetti. In particolare i ricercatori hanno osservato se le pause dei giudici per lo spuntino di metà mattina o la pausa per il pranzo fossero in qualche modo correlati all’esito delle sentenze. Analizzando i dati raccolti è emerso che le sentenze variano notevolmente nel corso della giornata, in particolare la percentuale di verdetti favorevoli scende dal 65 per cento subito dopo uno spuntino a quasi lo 0 per cento nel momento più lontano da un break. Lo stesso vale per la sessione di lavoro che precede la pausa di metà mattina.

Secondo i ricercatori, lo studio dimostrerebbe che non sempre l’attività e le decisioni dei giudici si basano esclusivamente sui fatti e sull’applicazione della legge, ma che a volte entrano in gioco altre variabili nelle loro decisioni.

Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1018033108

 

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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  • Per arrivare a tale conclusione non c'e' alcun bisogno di invocare la PNAS: in Inghilterra e' luogo comune dire che la sentenza dipende da cio' che il giudice ha mangiato per breakfast..(e da che parte del letto si e' alzato..).

    Ormai si assiste alla proliferazione inontrallata di psedostudi pseudoscientifici che lascia alquanto allibiti e che sono fatti a sostengo di una setta detta "psichiatria".

    Quando mai vi deciderete a parlare anche di Thomas Szasz, il piu' famoso antipsichiatra americano?

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