Categorie: Salute

Le staminali che aiutano i tumori

Siamo abituati a pensare alle cellule staminali come a una preziosa risorsa. Grazie alla capacità di dare origine a numerosi tipi cellulari, riforniscono l’organismo delle cellule di cui ha bisogno. Eppure, anche le staminali hanno un lato oscuro. Se colpite da mutazione, infatti, possono giocare un ruolo di primo piano nella proliferazione dei tumori

È un’ipotesi che ha ricevuto diverse conferme sperimentali, l’ultima delle quali arriva da uno studio su tumori intestinali di topo effettuato da un’équipe di ricerca guidata da Arnout Schepers dell’ Hubrecht Institute, nei Paesi Bassi, e pubblicato su Science Express

In campo oncologico c’è chi sostiene che la crescita dei tumori sia dovuta a un particolare tipo di cellule staminali. Secondo l’ipotesi delle cellule staminali cancerose (CSCs), nella massa tumorale si nasconde un esiguo numero di cellule staminali, chiamate appunto cancerose o tumorali, capaci di proliferare a lungo dando origine ad altre staminali cancerose e a cellule differenziate. In un certo senso, le CSCs rappresentano una specie di serbatoio maligno che alimenta il tumore e favorisce la sua diffusione. Nonostante le CSCs siano state isolate da numerosi tipi di neoplasie, la discussione sul loro ruolo nello sviluppo del cancro è ancora aperta. 

Con un esperimento sui topi, i ricercatori hanno dapprima indotto una mutazione nel cosiddetto gene soppressore del tumore (APC – adenomatous polyposis coli) presente nelle cellule staminali dell’intestino. La mutazione indotta ha subito favorito la formazione di un’ adenoma, un tumore benigno che può però degenerare nella sua forma maligna. Utilizzando una serie di marcatori molecolari per identificare i diversi tipi cellulari, i ricercatori hanno quindi seguito lo sviluppo del tumore facendo attenzione al ruolo giocato dalle singole cellule. Hanno così scoperto che la crescita della massa tumorale era dovuta proprio a una piccola popolazione di cellule staminali cancerose, il 5-10 per cento del totale delle cellule presenti nell’adenoma, che si dividevano dando origine sia a nuove staminali cancerose sia a cellule differenziate. 

Se l’ipotesi delle CSCs fosse reale, dovrebbero essere ridisegnate le attuali strategie terapeutiche. La tradizionali radio e chemioterapie, infatti, hanno come bersaglio le cellule tumorali che proliferano velocemente. Ma le cellule staminali cancerose si dividono più lentamente, e se è vero che sono loro ad alimentare il tumore, allora bisognerebbe pensare a nuovi trattamenti che estirpino queste cellule così da privare il tumore della sua linfa vitale.  

A sostegno della teoria delle cellule staminali cancerose sono anche altri due studi indipendenti, pubblicati su Nature, che individuano le CSCs in tumori del cervello e della pelle. Nel primo studio, condotto su topi affetti da glioblastoma, il team coordinato da Luis Parada dello University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, ha individuato un gruppo di staminali neurali responsabili della produzione di nuove cellule tumorali, dopo che altre erano state eliminate grazie alla chemioterapia.
 
Anche nella seconda indagine, incentrata invece sul carcinoma della pelle a cellule squamose e realizzata dall’équipe di ricerca Cédric Blanpain dell’ Université libre de Bruxelles, gli studiosi hanno identificato un gruppo di cellule “motore” della crescita del tumore, in grado di differenziarsi sia in cellule tumorali sia in altre CSCs. Inoltre, il team di Blanpain ha scoperto anche che più il tumore diventava aggressivo più queste cellule producevano nuove staminali – che possono differenziarsi infinitamente – e meno cellule tumorali già differenziate, che possono dividersi solo un limitato numero di volte. “Questo potrebbe suggerire un sistema per fermare precocemente lo sviluppo del tumore”, spiega il ricercatore. “Piuttosto che eradicare le CSCs, per esempio, le terapie potrebbero tentare di costringere a differenziarsi solo in cellule non più pluripotenti”. 

via wired.it 

Credit immagine a crafty_dame / Flickr

Martina Saporiti

Laureata in biologia con una tesi sui primati, oggi scrive di scienza e cura uffici stampa. Ha lavorato come free lance per diverse testate - tra cui Le scienze, Il Messaggero, La Stampa - e si occupa di comunicazione collaborando con società ed enti pubblici come l’Accademia dei Lincei.

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