L’Europa ha bisogno di più innovazione

Con sette miliardi di euro previsti per il 2012, il settore Ricerca e Sviluppo sta per ricevere il maggiore finanziamento da parte della Commissione europea all’interno del Settimo Programma Quadro (2007-2013). Ci si aspetta che questi fondi riescano a creare circa 174 mila posti di lavoro nel breve periodo, 450 mila in tutto. E ci si aspetta anche che porti a una crescita del Prodotto interno lordo europeo, quantificabile in 80 miliardi nel corso di 15 anni (vedi Galileo).  

Sullo sfondo di una preoccupante crisi economica e sociale, l’Ue è infatti ben consapevole che, per colmare il crescente divario con i suoi concorrenti a livello mondiale, dovrà aumentare i suoi investimenti in R&S fino al 3 per cento del Pil e mettere in atto una serie di interventi per incentivare l’innovazione e portarla sul mercato. Nero su bianco, è quanto riporta l’ultimo Competitiveness Report 2011 dell’Innovation Union, una delle iniziative della Europe 2020 Strategy (l’agenda di interventi volti a supportare un’economia più sostenibile e competitiva). Con Innovation Union si vuole rispondere innanzi tutto ad alcune domande, tra cui questa: “Quali sono le cause dell’insufficienza dei nostri risultati?”. Per farlo, ogni due anni viene redatta una relazione (il Competitiveness Report, appunto) che fornisce i dati economici in materia di ricerca e sviluppo sia a livello europeo, sia nazione per nazione (qui i dati per l’Italia). 

Come si legge nel rapporto, in termini di volume di spesa in R&S, l’Europa continua a perdere terreno nei confronti degli Stati Uniti e, entro il 2014, verrà superata dalla Cina (che dal 2000 cresce a un ritmo 30 volte superiore rispetto al nostro). Relativamente al Pil, i maggiori investitori in R&S risultano Giappone e Corea. Un dato positivo è quello relativo agli investimenti pubblici: nonostante la crisi economica, risulta infatti che, nel 2009 e nel 2010, 17 Stati membri hanno potuto mantenere o aumentare le loro dotazioni di bilancio in ricerca e innovazione.

Uno dei punti su cui si insiste, però, è la necessità di investimenti “intelligenti”: l’innovazione ha bisogno, da una parte, che venga predisposto un capitale di rischio per le sovvenzioni pubbliche a favore dell’istruzione superiore e delle infrastrutture tecnologiche, dall’altra, che tali risorse vengano ottimizzate e fatte confluire nelle esigenze aziendali. Infatti, solo il 46% dei ricercatori Ue opera attualmente nel settore delle imprese, contro l’80% negli Stati Uniti.

Le parole chiave per la ricerca devono inoltre essere “integrazione” e “internazionalizzazione”, dal momento che lo sviluppo economico è legato anche a meccanismi di cooperazione tra le nazioni. Per questo, uno degli obiettivi è di costituire uno spazio europeo della ricerca, che aiuti a superare le strozzature della libera circolazione delle conoscenze. Ad oggi infattti, i flussi di studenti, i collegamenti accademici, le pubblicazioni congiunte e le cooperazioni nei brevetti interessano solo alcuni paesi dell’Europa occidentale.

Infine, è necessario che la conoscenza si “trasformi” anche in prodotti e servizi. L’Europa è il primo produttore di pubblicazioni scientifiche nel mondo (29% nel 2009), ma non sembra in grado di sfruttare i risultati delle sue ricerche. Le scoperte scientifiche non hanno sufficienti incentivi e non si rilasciano brevetti. Il brevetto comunitario, in corso di negoziazione, potrebbe essere un punto importante da cui partire: dovrebbe permettere, infatti, una riduzione sostanziale dei costi, in particolare di quelli legati alla traduzione e al deposito del brevetto, e la protezione semplificata delle invenzioni per tutto il territorio comunitario, grazie a una procedura unica. 

L’Europa deve dunque fare investimenti mirati e concentrarsi sulle sfide poste dalle questioni sociali più urgenti, che rappresentano i settori dell’economia in più rapida crescita. Un esempio? Le tecnologie legate ai cambiamenti climatici.

Credit immagine: openDemocracy (Flickr)

1 commento

  1. personalmente ho un progetto personali di una città bunker , che potrebbe diventare un vero e proprio centro studi di ricerche , con sicurezza al 100% chissà se i finanziamenti europei contribuiscono a questo ,mi piacerebbe molto costituire almeno il brevetto , come tanti altri progetti da me realizzati ma senza un brevetto anche solo per tutelare tale progetto, solo perchè economicamte non ho la possibilità ,

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