Un nuovo fossile riaccende una vecchia questione: quella sulla comparsa, durante la storia degli ominidi, dell’andatura bipede. In particolare, di un’andatura bipede simile alla nostra. I ritrovamenti di Lucy (vedi Galileo) e delle orme di Laetoli, negli anni Settanta, hanno rappresentato una pietra miliare nella paleontologia umana, rivelando che gli australopiteci di tre milioni e mezzo di anni fa si muovevano già sulle due gambe. “Sì, ma come? E come è avvenuto il passaggio?”, si sono da allora chiesti gli antropologi.
Ora, il ritrovamento dello scheletro di un piede attribuito ad Australopithecus afarensis (la stessa specie a cui appartiene Lucy) quasi perfettamente conservato potrebbe rispondere alla domanda. Quel piede, infatti, mostra un arco plantare ben definito, condizione necessaria per un’andatura da essere umano moderno.
Autori della scoperta sono Carol Ward dell’Università del Missouri e William Kimbel e Donald Johanson (proprio lo scopritore di Lucy) dell’Institute of Human Origins dell’Arizona State University. Il reperto è stato ritrovato nella piana di Hadar, in Etiopia, in particolare, nella località 333, un’area nota per essere il sito della “Prima Famiglia”, da dove provengono la maggior parte di A. afarensis (250 fossili per un totale di 17 individui). In tutto, dal 1973 Hadar ci ha regalato 370 reperti datati tra i 3,4 e i 3 milioni di anni, oltre al primo esemplare del genere Homo.
L’analisi del nuovo fossile è stata pubblicata su Science. Il quarto metatarsale completo (una delle lunghe ossa che connettono le dita al resto del piede) presenta numerose caratteristiche che ricordano i piedi di Homo sapiens anatomicamente moderno. Ward e gli altri si sono però soffermati sull’angolo, relativamente acuto, che forma questo osso. “Il piede, con il suo arco ben formato, doveva essere abbastanza resistente da spingere contro il suolo, e allo stesso tempo abbastanza flessibile per assorbire i contraccolpi – hanno riportato i ricercatori, secondo i quali i piedi di A. afarensis erano già pienamente adattati all’andatura bipede su terreno.
Riferimento: DOI: 10.1126/science.1201463
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