La spazzatura che invecchia

    1230: tante – o forse anche di più – sono le discariche abusive nel cosiddetto “triangolo della morte”, l’area campana tra Aversa, Nola e Marigliano. Non è un soprannome scelto a caso: nel “triangolo” ci si ammala e si muore molto più frequentemente che altrove. A confermare il legame tra esposizione a rifiuti tossici e malattie è uno studio di Carmine Nappi, ginecologo dell’Università di Napoli Federico II, e Bruna de Felice, della Seconda Università di Napoli. I due hanno esaminato campioni di sangue provenienti da 50 donne che vivono in zone limitrofe al triangolo, comparandolo con quelli di soggetti “non a rischio”, ossia non esposti all’inquinamento prodotto dalle discariche. L’attenzione dei ricercatori si è concentrata soprattutto sui telomeri, le sequenze di DNA che incapsulano la parte finale dei cromosomi. In generale, questi tendono a consumarsi con l’avanzare dell’età: telomeri molto corti sono associati a disturbi correlati all’invecchiamento, come malattie cardiache e demenza.

    Gli scienziati hanno scoperto che le lunghezze dei telomeri delle cellule di donne che vivono in aree a rischio sono significativamente minori rispetto a quanto osservato nelle donne che abitano in zone sicure. «Vuol dire che le cellule sono state soggette a qualche tipo di stress», dice Nappi. In altre parole, le donne stanno invecchiando prematuramente: «Sono sane, ma la lunghezza dei loro telomeri indica che l’età cellulare è maggiore dell’età biologica». Lo studio non ha dato finora risposte definitive su quali siano le sostanze direttamente responsabili di questo fenomeno, ma sembra aver individuato nelle diossine industriali i principali indiziati: «Riteniamo che le diossine possano avere un effetto importantissimo già durante lo sviluppo embrionale», continua Nappi.

    La questione non è solo strettamente sanitaria: dietro le discariche abusive c’è infatti la criminalità organizzata, che impone le proprie regole in materia di stoccaggio e smaltimento dei rifiuti tossici. Andrew Kibble, dell’Agenzia di Protezione della Salute del Regno Unito, dice chiaramente che «esistono delle linee guida europee molto chiare per i rifiuti: seguendo tali linee guida, qualsiasi rischio per la salute può essere notevolmente ridotto, se non addirittura neutralizzato»: è quindi evidente come il problema del triangolo Aversa-Nola-Marigliano stia proprio nell’inadempienza delle normative, ovvero, in ultima analisi, nella longa manus della camorra in un affare che frutta miliardi di euro: «In Campania, dal punto di vista dei rifiuti, viviamo nel terzo mondo», conclude Nappi. «È assolutamente necessario identificare tutti i siti illegali e chiuderli immediatamente».

    Eppure, sebbene di recente sia balzata sempre più spesso agli onori della cronaca la tematica della pe¬ricolosità dei rifiuti e delle discariche abusive, è ancora difficile orientarsi nel ginepraio di normative, abusi, illegalità, rischi più o meno certificati per la salute, posizione delle istituzioni. A far luce e monitorare costantemente la situazione è il Dipartimento di Epidemiologia: parla Carla Ancona, consigliere dell’Associazione Italiana Epidemiologia e ricercatrice presso il Dipartimento.

    La comunità scientifica ha prodotto un numero ingente di lavori sui rischi connessi all’esposizione a rifiuti mal stoccati. Nello specifico, quali sono pericoli e malattie più comuni?
    I possibili rischi per la salute per chi risiede nei pressi di una discarica sono riconducibili a diverse modalità di esposizione: l’inalazione di sostanze (gas) direttamente emesse dal sito, il contatto con l’acqua o il suolo inquinati, il consumo di prodotti o di acqua contaminati. Le problematiche principali riguardano le discariche abusive che non sono sottoposte a controllo e ricevono rifiuti senza alcuna selezione all’origine (ovvero incenerimento incontrollato). Tuttavia, diversi studi epidemiologici hanno valutato anche gli effetti delle discariche autorizzate. Dalle ricerche finora condotte, i motivi di preoccupazione hanno riguardato una maggiore frequenza di tumori, esiti riproduttivi, in particolare basso peso alla nascita e difetti del tubo neurale o cardiovascolari e malattie respiratorie, soprattutto asma. Le evidenze che emergono dagli studi internazionali documentano solo deboli associazioni tra residenza nei pressi di discariche autorizzate e rischio per la salute. Le conoscenze epidemiologiche ad oggi disponibili, anche se non conclusive, fanno ritenere che il conferimento in discariche controllate, costruite e condotte in accordo alla normativa nazionale e comunitaria, non comporti un rischio per l’ambiente e per la salute delle popolazioni insediate nelle vicinanze dell’impianto.

    Al Dipartimento di Epidemiologia avete analizzato attentamente la letteratura scientifica. Qual è la limitazione metodologica e/o quantitativa degli studi, e in che misura possono essere considerati attendibili?
    La principale difficoltà è senza dubbio la misura dell’esposizione. La maggior parte degli studi disponibili in letteratura usa come indicatore la distanza tra la residenza della persona e la fonte (discarica, termovalorizzatore, impianto di compostaggio o di trattamento meccanico biologico). Un approccio che utilizzi i modelli di dispersione degli inquinanti, utilizzando “traccianti dell’esposizione”, è sicuramente la strada più opportuna, come recentemente suggerito dall’European Environmental Agency. Un’ulteriore limitazione è data dal fatto che spesso gli studi utilizzano dati aggregati, con un numeratore (frequenza di eventi osservati, ad esempio mortalità e/o ricoveri) e un denominatore (popolazione a rischio di sviluppare l’evento) provenienti da fonti informative diverse: ciò non consente di tenere conto di tutti i dati, come il livello socio-economico della persona, la sua storia lavorativa o il suo stile di vita (abitudine al fumo, livello di attività fisica) che potrebbero in parte essere responsabili dell’evento che si vuole studiare. La valutazione dell’attendibilità degli studi si basa sul consenso all’interno della comunità epidemiologica internazionale. Nell’ambito del progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio di Inquinamento) sono state schematizzate delle linee guida tramite le quali è possibile classificare in diversi ordini di affidabilità i nessi causali tra patologie ed esposizione.

    In che modo le istituzioni e la comunità scientifica stessa pensano di far fronte e superare queste limitazioni?
    La consapevolezza di quanto ancora siano inadeguate le evidenze scientifiche relative agli effetti sulla salute degli impianti di trattamento dei rifiuti e poco esaustive le informazioni relative a qualità e quantità delle sostanze emesse ha portato alla realizzazione del programma ERAS (Epidemiologia Rifiuti Ambiente e Salute): in questo contesto è parso indispensabile integrare e coordinare i sistemi di misura ambientali con quelli sulla salute, per disporre di misure di esposizione utili non solo ai fini della sorveglianza del rispetto dei parametri di legge, ma soprattutto all’analisi delle potenziali associazioni, positive e negative, tra fattori ambientali ed effetti sulla salute, anche su intervalli temporali di lunga durata. Il programma ERAS intende fornire agli esperti, agli amministratori e al pubblico informazioni aggiornate e tecnicamente corrette sulle implicazioni per la salute conseguenti ai processi di raccolta, trasformazione e smaltimento di rifiuti nel Lazio. Per realizzare tale obiettivo sono state avviate numerose indagini epidemiologiche. Il programma ERAS triennale concluderà quest’anno la sua attività, e i risultati saranno disponibili nell’autunno 2012.

    Credit immagine: Nicobobinus / Flickr

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