Stop ai rischi durante il parto

    È toccato a tutti nascere, ma nessuno ha potuto mai osservare il momento esatto del passaggio dal grembo al mondo. Ora, invece, sarà possibile farlo grazie alle immagini in 3D di Amolab, il primo dispositivo non invasivo di monitoraggio del parto. Bisognerà attendere ancora un paio d’anni perché sia in dotazione presso gli ospedali, ma un gruppo di bioingegneri dell’Istituto di Fisiologia clinica (IFC) del Cnr di Lecce ha già iniziato la sperimentazione clinica del nuovo sistema di monitoraggio intraparto, in collaborazione con Antonio Perrone, luminare del settore ginecologico ed ostetrico.

    Amolab (Automatic Monitoring of Labor) non è solo dispositivo, ma un progetto dal quale nasce l’omonima startup con idee molto più ampie, due brevetti internazionali e il premio dei premi 2011 per l’innovazione. Si tratta di un macchinario a ultrasuoni per la risoluzione di problemi decisionali durante il parto: il nuovo dispositivo è, infatti, in grado di fornire dati oggettivi sull’avanzamento della gravidanza ed evidenziare possibili problemi che potrebbero indurre al taglio cesareo.

    Il parto può divenire patologico in pochi istanti: l’esperienza e le risorse necessarie per l’assistenza sono molto specifiche e richiedono un’alta qualità delle prestazioni e una continua verifica di tutto il processo. Ancora oggi, però, la tecnica per stabilire lo stato della partoriente e del nascituro (esplorazione vaginale con le dita) è del tutto empirica e scientificamente poco attendibile, per giunta affidata esclusivamente alla valutazione soggettiva di ostetriche e medici; tant’è  vero che l’errore stimato sulla misura di dilatazione della cervice, ad esempio, varia tra il 50% e l’80%. Per di più, la decisione di eseguire il parto in maniera naturale o chirurgica è riposta, in maniera del tutto arbitraria, al medico che spesso tiene conto dell’organizzazione del personale ospedaliero e di criteri economici.

    Con Amolab tutto potrebbe cambiare. Il dispositivo mostra in tempo reale immagini ecografiche della zona pubica della madre le quali, interpretate con un algoritmo, forniscono indicatori oggettivi sull’evoluzione del parto. Ed è, inoltre, possibile ottenere, mediante un sistema di interfaccia collegato al dispositivo, una simulazione in 3D dei movimenti del feto. In altre parole, il segnale a ultrasuoni ottenuto con una semplice ecografica, durante il travaglio e il parto, viene trasformato in immagini tridimensionali e dati che forniscono la misura diretta di alcuni parametri relativi al bambino che sta nascendo.

    Il parametro fondamentale sul quale ora Amolab si basa è la discesa della testa fetale nel canale vaginale; ma i ricercatori stanno già lavorando sulla possibilità di ottenere dati relativi alla rotazione della testa e delle spalle del feto, alla dilatazione della cervice e alla posizione del cordone ombelicale. Tutto questo può sopperire la grave mancanza, in ambito ginecologico, di tecniche sicure per il monitoraggio, con lo scopo di ridurre significativamente sia i rischi di scelte inappropriate da parte dei medici, sia il numero elevato di interventi chirurgici non necessari.

    “Per ora abbiamo puntato al parametro della discesa della testa, che è il più importante – dice Sergio Casciaro, l’ideatore di Amolab e coordinatore del gruppo di ricerca – è necessario trovare altre risorse per sviluppare ulteriormente il nostro dispositivo. Comunque è già possibile, anche con un solo parametro, ottenere risultati molto utili nella pratica”.

    Ed è infatti cominciata la sperimentazione clinica presso l’Ospedale di Copertino con Antonio Perrone: “I risultati sono ottimi – dichiara Giulia Soloperto, una ricercatrice del gruppo – sia dal punto di vista clinico che psicologico. Ora medici e ostetriche sono confortati nella loro responsabilità decisionale da parametri oggettivi e scientifici”.

    Credit immagine: a Joe Shlabotnik / Flickr

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