Salute

Verso una melanina sintetica per vitiligine e albinismo

Di naturale ha ben poco, ma si tratta probabilmente del trattamento solare che riproduce più fedelmente i processi con cui la nostra pelle si difende dagli effetti della luce. La scoperta arriva dai laboratori della University of California di San Diego: nanoparticelle di melanina sintetica – o è forse più preciso definirli melanociti artificiali – che possono essere utilizzati al posto di quella naturale dalle cellule dell’epidermide. Non si tratta, ovviamente, di una protezione solare adatta a tutti. Ma come spiegano i suoi inventori sulle pagine della rivista Acs Central Science, potrebbe rivelarsi una scoperta preziosa per chi soffre di carenze di pigmentazione cutanea, come vitiligine o albinismo, che rendono pericolosa l’esposizione al sole.

Anche se hanno cause diverse, queste patologie sono caratterizzate infatti dalla mancanza della melanina o dei melanociti (le cellule responsabili della sua produzione), che si traduce in un’insufficiente pigmentazione della cute e una forte sensibilità agli effetti del sole.

Effetti che possono rivelarsi anche molto seri, con un forte aumento del rischio di sviluppare melanomi e altri tumori cutanei, e per i quali al momento non esistono reali soluzioni terapeutiche, se non quella di evitare il più possibile l’esposizione al sole.

Una possibilità in fase di studio è quella di introdurre dall’esterno l’elemento mancante: la melanina, o meglio, i melanosomi, i granuli contenenti melanina che vengono prodotti dai melanociti e trasferiti in seguito nei cheratinociti, le cellule più abbondanti nell’epidermide il cui contenuto di melanina determina la colorazione della pelle.

La soluzione più immediata sarebbe quella di estrarre la melanina da fonti naturali, ma gli scienziati hanno scoperto che si tratta di un processo complicatissimo. Più facile, paradossalmente, produrla artificialmente.

Già due anni fa infatti i ricercatori californiani erano riusciti ad ottenere delle nanoparticelle sintetiche con caratteristiche estremamente simili a quelle dei melanosomi, ipotizzando che simili nanostrutture potrebbero essere assorbite dai cheratinociti della pelle ed utilizzati al pari della melanina naturale. E nel nuovo studio se ne sono accertati: studiando il trasporto, l’attività e l’efficacia dei melanosomi artificiali in provetta, utilizzando una cultura di cheratinociti.

I risultati sembrano incoraggianti: le nanoparticelle infatti sono state assorbite dai cheratinociti esattamente come quelle naturali, e all’interno delle cellule hanno mostrato la capacità, tipica della melanina, di difendere il dna presente nel nucleo dai danni prodotti dai raggi ultravioletti. “Considerando le limitate opzioni terapeutiche disponibili per le malattia che coinvolgono l’assenza di melanina – scrivono gli autori del paper – le nostre nanoparticelle sintetiche, altamente biocompatibili, hanno un forte potenziale per lo sviluppo di nuove terapie con cui integrare le funzioni naturali della melanina”.

Via: Wired.it

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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