Venerdì 21 gennaio Kevin Mitnick, uno dei più famosi hackers del mondo, è tornato in libertà. Le porte del carcere federale di Lompoc, in California, si sono aperte di prima mattina, mettendo fine a una detenzione che ha suscitato molte polemiche e proteste. Il pirata informatico americano fu arrestato nel 1995 con l’incriminazione di essersi introdotto nei siti di alcune grandi multinazionali- Sun Microsystems, Motorola, Nec, Nokia, Novell, Fujitsu – e aver rubato software. L’accusa, però, non è mai riuscita a decriptare il contenuto del computer portatile che avrebbe dovuto contenere i codici rubati. E non solo: esistono prove che alcune compagnie hanno sovrastimato i danni subiti a causa del furto. Ciò nonostante Mitnick ha dovuto attendere l’agosto 1999 per ottenere un regolare processo, durante il quale si è dichiarato colpevole. Le modalità di conduzione della vicenda giudiziaria, ampiamente amplificate dai media, hanno reso l’hacker statunitense un vero e proprio simbolo: da un lato la comunità mondiale dei pirati informatici e i difensori dei diritti civili che lo identificano come la vittima dello strapotere delle grandi multinazionali. Dall’altra, Mitnick è diventato lo stereotipo del pericolo che minaccia lo sviluppo sicuro di Internet. Pericolo che l’amministrazione Clinton ha deciso di combattere con uno stanziamento ingente di fondi per la lotta contro il cybercrimine. (g.s.)
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