Categorie: Fisica e Matematica

Motore, azione, teorema

“Noi che comprendiamo la vita, ce ne infischiamo dei numeri”.
Antoine de Saint-Exupery, “Il piccolo principe”.

Una delle obiezioni più ricorrenti che si fa alla matematica è di essere una materia arida, astratta, incapace di provocare emozioni. Se la matematica provoca indubbi sentimenti di avversione e di reazione nel grande pubblico, genera però grande gioia nei ricercatori quando riescono a dare una formulazione precisa alle loro idee e a ottenere dimostrazioni abili e geniali. Il problema consiste nel fatto che sono solo i ricercatori a poter provare queste emozioni. La matematica ha un fascino culturale non indifferente, che tocca per esempio la musica, l’architettura, la narrativa, la poesia. E in questi ultimi tempi anche il cinema. In “Will Hunting: genio ribelle”, il film che ha vinto l’Oscar nel 1998 per la sceneggiatura, scritta dagli attori Matt Damon e Ben Affleck, il matematico ufficiale non ci fa una bella figura, mentre Damon sceglierà l’amore, rifiutando il suo innato genio matematico.

E’ chiaro che i matematici possono avere un ruolo privilegiato nella risoluzione di enigmi complicati. Allo stesso modo, i matematici possono essere credibili nel ruolo di criminali che utilizzano le loro capacità per sfuggire alle indagini. In questi ultimi due anni sono usciti anche sugli schermi italiani due film molto interessanti: il loro protagonista è un matematico, e nella trama la matematica gioca un ruolo fondamentale.

“Moebius”, realizzato dal giovane regista argentino Gustavo Mosquera R all’università di Cinema di Buenos Aires, si basa sul racconto di A.J. Deutsch intitolato “A Subway named Moebius” (Una metropolitana chiamata Moebius) e pubblicato nel 1958 da Clifton Fadiman (morto qualche giorno fa) in una raccolta di racconti dal titolo “Fantasia Mathematica”. La superficie detta di Moebius, che somiglia a un otto orizzontale, ha interessanti proprietà, ed è stata vista come il simbolo dell’infinito. Alla base del racconto di Fadiman vi è l’idea che il complesso delle gallerie della metropolitana di Boston fosse divenuto tanto complicato che un treno potesse perdersi nei meandri sotterranei, andando a finire in un loop senza fine: in un anello di Moebius, appunto. Il giovane regista Argentino Gustavo Mosquera R ha trasferito nella metropolitana di Buenos Aires il treno scomparso con tutti i passeggeri; un’idea che riporta alla mente anche le terribili storie dei desaparecidos durante la dittatura militare. Una storia misteriosa, in cui è anche la matematica a essere misteriosa, con una vita propria che non si lascia comprendere dai matematici. Un film senza un finale, con quel treno che corre nelle gallerie.

I numeri primi, le potenze dei numeri primi, la combinazione e permutazione dei numeri sono invece alla base dell’enigma del film “Cubo”, in inglese “Cube”. Un film che si svolge all’interno di un sistema di cubi che si muovono dentro un grande spazio cubico: una specie di enorme cubo di Rubik. Nei cubi più piccoli sono catturati alcuni personaggi; non sapremo mai perché. Ogni cubo è collegato con gli altri tramite aperture sulle diverse pareti. Come scoprono molto presto i protagonisti, in molti dei cubi confinanti a quello in cui ci si trova, sono inserite trappole mortali. Il problema è capire in quale direzione andare ogni volta che si entra in un nuovo cubo; bisogna poi capire qual è la geometria in cui sono inseriti i diversi cubi, per riuscire a capire se vi è modo di uscire. Tra i sei personaggi vi è una studentessa di matematica, che si accorge abbastanza presto che ogni ingresso che porta in un altro cubo è contrassegnato da un numero molto grande di nove cifre. Formula l’ipotesi che se il numero in questione è primo, la stanza non è pericolosa. Dovrà poi cercare una soluzione più sofisticata. Bisogna capire anche la posizione del cubo in cui ci si trova rispetto al “cubone” che li contiene tutti. Indicando ogni cubo con tre numeri, le tre coordinate cartesiane, la studentessa di matematica riesce a capire dove ci si trova e dove si deve andare.

Il film è tutto giocato sulla grande abilità del giovane regista italo-canadese Vincenzo Natali di sfruttare al massimo la macchina da presa negli spazi angusti, claustrofobici, i “cubi”, in cui si svolge tutto il film. Anche questo è un film senza un finale, in cui nulla si saprà di chi ha inventato quello spazio, e per quale ragione. Viene l’ansia di riuscire ad uscire, a salvarsi. La matematica come incubo, la matematica come mistero, la matematica come fascino.

E’ infine in arrivo un altro film che ha già avuto un buon successo negli Stati Uniti: PI, pi greco. Un film (http://www.pithemovie.com/) sui deliri di un matematico, di Darren Aronofsky. Gli appassionati di film di fiction legati in qualche modo alla matematica possono invece visitare il sito Mathmovies (http://world.std.com/~reinhold/mathmovies.html).

Michele Emmer

Professore di matematica alla Sapienza Università di Roma, si occupa di superfici minime e di calcolo delle variazioni, di computer graphics, dei rapporti tra matematica e arte, tra matematica e cultura, di film, di mostre.Ha realizzato 18 film della serie “Arte e matematica”. Organizza da 16 anni il convegno “Matematica e cultura” a Venezia, è editor delle serie Springer “Mathematics and Culture” e “The Visual Mind”, MIT Press. Collabora a L’Unità, Sapere, Alfabeta2, La Stampa, Il Manifesto. Ultimi libri: "Numeri immaginari: cinema e matematica” (Bollati Boringhieri 2012). "Imagine Math 2" (Springer 2013)

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