HomeSocietàNon solo clandestini

Non solo clandestini

di
Monica Soldano

Il centro di accoglienza temporanea di Lampedusa non si farà. Il ministero dell’Interno si è detto, però, disponibile a trovare altre soluzioni rispetto alla realizzazione di una nuova struttura, “ipotesi venuta meno”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, “per la contrarietà della popolazione”. Si è conclusa così la vicenda che questa estate aveva scatenato manifestazioni di piazza e scioperi da parte degli abitanti dell’isola. Causa dell’indignazione popolare era stata l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2003 per “interventi straordinari e urgenti per il contrasto e la gestione del fenomeno dell’immigrazione clandestina” che autorizzava la costruzione di un nuovo centro di permanenza temporanea e di assistenza per i clandestini sbarcati sull’isola. Il decreto d’urgenza, scritto in luglio alla ripresa degli sbarchi (anche se i dati indicavano una flessione rispetto agli anni precedenti) legittimava la deroga ad altre normative, come quelle che pongono vincoli paesaggistici e ambientali alle aree prescelte. Fu così che le ruspe, fermate poi dalla popolazione, cominciarono a convergere verso una collina dell’isola, il Vallone dell’Imbriacole, dove si trovano alcuni importanti pozzi sorgivi, che permettono coltivazioni specializzate, nonché resti archeologici risalenti all’epoca dell’insediamento saraceno. Ma non sono state solo le perplessità sulla scelta dell’ubicazione del centro di accoglienza a suscitare le proteste della popolazione. In discussione, infatti, era l’opportunità di realizzare una simile struttura (400 posti letto) in un’isola così piccola, priva dei servizi essenziali e che ha come unica risorsa il turismo. Lampedusa, isola indimenticabile per le sue acque cristalline, ha scoperto da circa dieci anni una vocazione turistica oltre che ambientalista, ma deve fare i conti con i suoi tanti limiti, venuti clamorosamente alla luce nella emergenza di questi giorni. A cominciare dalla impossibilità di allocare in modo adeguato i corpi dei clandestini nordafricani arrivati il 19 ottobre scorso: sull’isola, infatti, non esiste una camera mortuaria, così come non esiste una sala chirurgica per operazioni d’urgenza. Se ve ne fosse stata la necessità, l’unica soluzione sarebbe stata il trasferimento negli ospedali di Palermo o di Agrigento. Operazione possibile grazie alla presenza di un elicottero, che però può ospitare una lettiga per volta. E se vi fossero state donne incinte sulla barca dei clandestini, con la necessità di partorire, non avrebbero trovato una sala parto attrezzata. Le donne, qui, quando si sposano devono mettere da parte i soldi per poter mettere al mondo un figlio: negli ultimi giorni della gestazione devono infatti, trasferirsi nei pressi della struttura sanitaria dove partoriranno. E se non vogliono attendere da sole, devono sostenere anche le spese di viaggio e soggiorno di un accompagnatore. Inoltre, visti i prezzi dei passaggi aerei (non è ancora stata attivata la tratta sociale per Palermo) sono costrette ad andar via nave, quando il mare lo permette, impiegando circa otto ore solo per arrivare a Porto Empedocle. Poi da lì si spostano verso la città prescelta. Fino a oggi i lampedusani hanno subito tutto questo in silenzio: clandestini loro stessi, sulla loro isola.

RESTA IN ORBITA

Articoli recenti