Numeri maschilisti

Gabriele Lolli
La crisalide e la farfalla
Boringhieri 2000
pp.126; 18.000 lire

Nel 1992, nei dieci dipartimenti di matematica più prestigiosi del mondo, c’erano solo 5 donne a fronte di 288 uomini. E da allora la situazione non è migliorata di molto. Se c’è infatti un ambito culturale che sembra aver resistito ai movimenti di emancipazione femminile, questo è proprio il mondo della matematica.

Gabriele Lolli, professore di Logica matematica all’Università di Torino, ripercorre nelle pagine del suo “La crisalide e la farfalla”, la storia di una difficile integrazione. Fra i numeri, infatti, sembra non esserci proprio posto per le donne. Ma qual è la ragione di questa ostinata chiusura delle scienze matematiche all’altra metà del cielo?

Secondo l’autore non si tratta solo di uno stereotipo duro a morire, ma di ipotesi fantascientifiche sulla presunta inferiorità del cervello femminile, incapace di dedicarsi con profitto al calcolo. A cominciare da quella di Cesare Lombroso che, nel suo “La donna delinquente”, teorizzava la “minor determinatezza e vivezza che hanno nel cervello femminile le idee”.

D’altronde non è un segreto che nell’Ottocento i biologi erano pronti a sottoscrivere l’ipotesi secondo cui lo sviluppo delle ovaie e dell’utero, richiedendo molta energia, bloccava quello del cervello. Che su queste errate concezioni evolutive si sia creato il margine per una discriminazione è indubbio, ma che ancor oggi si continui a considerare la donna incapace di pensare in maniera logica è anacronistico.

Tuttavia è un fatto che sono poche le donne dedite a studi matematici, ancor meno quelle che riescono a portarli a termine, pochissime quelle che arrivano a conquistarsi una fama e il rispetto dei colleghi di sesso maschile. Il più delle volte diventano delle eccellenti assistenti e mogli di matematici. Non di rado sono loro a costruire la gloria dei propri mariti, ma sempre rigorosamente nell’ombra.

E’ il caso ad esempio di Grace Chisholm Young, più spesso ricordata come moglie di William Henry Young, matematico naturalmente. Poco importa che Grace sia stata la prima donna a ottenere un dottorato in Germania, nel 1896. Di fatto tutti i suoi lavori – tra i quali anche gli importantissimi studi sul calcolo delle derivate – furono pubblicati con la sola firma del marito.

Sconcertanti sono le parole che egli le rivolge: “Spero che a te piaccia questo lavorare per me. Tutto sommato io penso che sia, almeno per il presente, la combinazione giusta. Io sono molto felice che tu faccia progressi con le idee. Mi sento un po’ come se ti stessi insegnando, ponendoti problemi che io non potrei risolvere da me, che però posso rendere te capace di risolvere”.

E poi aggiunge: “Il problema è che i nostri lavori dovrebbero essere pubblicati insieme con la firma congiunta. Ma se si fa così nessuno dei due ne ha vantaggio. No. Miei gli allori ora, insieme alla conoscenza. A te la conoscenza soltanto”. Purtroppo non sappiamo cosa rispose Grace, ma è facile supporre che il suo fu un assenso silenzioso. Piuttosto, quello che sappiamo per certo è che William, prima di conoscere Grace, era un matematico indolente e di scarse capacità.

Se circostanze simili sono oggi molto rare, rimane comunque difficile sradicare lo stereotipo dell’eccesso di sentimentalismo, che costituirebbe per le donne un ostacolo al pensiero logico. Le uniche donne ritenute adatte a studiare la matematica, spiega Lolli, “sono quelle precise e pazienti nei conti, ordinate e senza fantasia, da orientare a diventare una di quelle terribili ‘profie’ che fanno odiare la materia a generazioni di allievi”. Insomma, delle macchine.

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