Vita

Come vedono gli squali

Bagliori nel buio delle profondità dell’oceano. Ecco come i gattucci sembrano usare la fluorescenza per comunicare tra loro. Un team di scienziati dell’American Museum of Natural History e Scripps Institution of Oceanography ha sviluppato per la prima volta una macchina fotografica (shark-eye) per scoprire esattamente come e cosa questi pesci vedono sott’acqua, suggerendo che il fenomeno della biofluorescenza è più diffuso e più importante di quanto si credesse.

A differenza degli animali terrestri, i pesci vivono in un mondo che è per lo più blu. Quando si scende in profondità l’acqua assorbe la maggior parte dello spettro della luce visibile. Molti pesci sono capaci di assorbire la luce rimanente e riemmetterla come fluorescenza, invisibile all’occhio umano, in diverse tonalità, tra rossi, verdi e arancioni, ma solo ora si sta cominciando a capire come funziona questo meccanismo.

Il team ha studiato le abilità visive di due specie, il gattuccio (Scyliorhinus canicula) e uno squalo sempre della famiglia Scyliorhinidae, piccoli animali che crescono per non più di un metro di lunghezza e spendono molto del loro tempo sul fondo, a una profondità circa 500 metri. Per capire meglio come funziona la biofluorescenza il team ha esaminato gli occhi degli squali, trovando bastoncelli molto lunghi che aiutano a vedere in condizioni di scarsa luce. In seguito hanno creato una macchina fotografica “shark-eye” , aggiungendo dei filtri sull’obiettivo di una macchina fotografica Red Epic per limitare le lunghezze d’onda della luce che oltrepassavano, mimando quindi la vista dello squalo.

Dopo una serie di immersioni notturne, i ricercatori hanno dimostrato come gli squali siano provvisti di un pigmento speciale non ancora identificato, che assorbe la luce blu e la riemette verde, in un processo chiamato biofluorescenza, notando che il contrasto dei loro brillanti aumenta quando gli squali nuotavano a maggiori profondità e trovando inoltre differenze tra la fluorescenza maschile e femminile. I ricercatori sostengono quindi che questa biofluorescenza possa aiutare il gattuccio a riconoscere e comunicare con i suoi simili, nonché eventualmente fornire una strategia riproduttiva.

Riferimenti: Scientific Reports

doi:10.1038/srep24751

Credits immagine:

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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