Olfatto e memoria spaziale: c’è un collegamento

Come le madeleine di Proust o una vecchia fotografia, gli odori possono risvegliare nella nostra mente ricordi del passato, recente o remoto.  Accade a tutti ma chi ha un olfatto più fino –  distinguendo meglio gli odori – sembra avere anche una particolare capacità di ricordare luoghi già visti e di orientarsi nello spazio. A confermare una corrispondeza tra le due funzioni nel cervello è, per la prima volta, un gruppo di ricerca guidato dall’Università McGill di Montréal, in Canada, con uno studio pubblicato su Nature Communications

Olfatto e memoria spaziale, un concorso di intenti

L’idea di un possibile collegamento tra senso dell’olfatto e memoria spaziale ha diverse evidenze (per esempio, dallo studio degli uccelli marini). Per verificare questa questa corrispondenza, lo studio dei ricercatori canadesi, svolto su 57 persone, ha utilizzato test comportamentali e risonanza magnetica funzionale, uno strumento che permette di visualizzare in diretta l’attivazione delle aree cerebrali.

I volontari sono stati messi alla prova con test olfattivi e prove di memoria spaziale effettuate tramite simulazioni in ambiente virtuale. Esaminando i risultati delle diverse performance, i ricercatori hanno notato che i soggetti con il naso più fino, in grado di percepire e identificare con precisione  gli odori fiutati, erano anche più capaci di riconoscere i luoghi e di orientarsi nei meandri della città virtuale.

Andare a fiuto: che succede nel cervello?

La risonanza magnetica ha rivelato una particolare conformazione del cervello nei soggetti capaci di migliori prestazioni olfattive e spaziali: la corteccia orbitofrontale mediale sinistra risultava più spessa e il volume dell’ippocampo maggiore. Circostanza, questa, che indica un concorso di intenti tra l’ippocamposede di residenza della memoria, e una zona della corteccia orbitofrontale (mOFC), regione coinvolta in varie funzioni cognitive e nelle emozioni, di cui tiene memoria.  A riprova di questo, osservano gli autori dello studio, nove persone con lesioni nella regione cerebrale della mOFC mostravano molta difficoltà nell’esecuzione dei test, a differenza di altri nove volontari che avevano subito danni in zone del cervello diverse.

Secondo gli autori dello studio, questa prima prova sperimentale conferma l’ipotesi che il senso dell’olfatto si sia sviluppato originariamente a supporto della memoria spaziale, vale a dire, la capacità di costruire mappe mentali di luoghi e territori.

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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