Categorie: Salute

Paradosso europeo

19 maggio 2004: l’Unione Europea dice sì alla commercializzazione del mais dolce Bt-11. 27 maggio 2004: la Syngenta, multinazionale svizzera del gruppo Novartis che produce la varietà in questione, annuncia che, almeno per ora, non metterà in commercio il mais Bt-11. Nonostante David Byrne, responsabile alla Commissione Europea per la salute e la tutela dei consumatori, abbia fatto sapere che il Bt-11 ha superato controlli rigorosi che hanno garantito la non tossicità del prodotto, la decisione di Bruxelles, secondo la multinazionale, non ha incontrato il favore dei cittadini europei ancora troppo restii ad accettare gli Ogm. Siamo al paradosso. Il Consiglio dei ministri europei per l’agricoltura decide un ammorbidimento della moratoria che dal 1998 aveva tenuto il mercato europeo al riparo da nuovi prodotti geneticamente modificati, ma le aziende non sembrano volerne approfittare. Dalla fine di aprile, 16 varietà di Ogm – si tratta di un tipo di mais e di soia modificate e di alimenti derivati da mais, colza e cotone transgenici – possono essere commercializzate legalmente all’interno della Ue. Il Consiglio ha riconosciuto loro la conformità al nuovo regolamento in materia alimentare: non tossicità per l’essere umano, gli animali e l’ambiente, perfetta sostituibilità in termini calorico-energetici dei prodotti simili già nel mercato, assenza di controindicazioni in seguito a un uso costante. Altri nove prodotti alimentari Gm sono rimasti invece sul banco degli imputati in attesa di una approvazione ufficiale. Tra questi, derivati del mais, della soia e dello zucchero, ognuno a uno stadio diverso nella strada verso l’autorizzazione. E il mais dolce Bt11 faceva appunto parte di questo secondo gruppo.Ma le decisioni prese dalle autorità dell’Unione non concordano con l’opinione dei cittadini europei. Secondo gli ultimi dati di Eurobarometro, l’istituto europeo incaricato dei sondaggi, il 70,9 per cento degli europei è tuttora contrario agli Ogm, e la percentuale salirebbe fino al 75 per cento secondo le ricerche effettuate dalla catena alimentare francese Carrefour. Una diffidenza che si fa sentire attraverso campagne per il bando delle sementi modificate geneticamente – in corso in almeno 22 paesi europei – e che arriva a promuovere il boicottaggio. Come quello annunciato contro il grano transgenico della Bayer commercializzato nel Regno Unito o il Roundup Ready della Monsanto. In entrambi i casi, le multinazionali si sono convinte a ritirare il prodotto dal mercato per paura della reazione ostile dell’opinione pubblica, e del danno di immagine. “Se l’Europa si piega alla logica del più forte, allora saranno i consumatori a mantenere nei fatti la moratoria, rifiutandosi di acquistare i prodotti transgenici”, ha dichiarato in una nota Francesco Ferrante, direttore di Legambiente. Grazie all’etichettatura dei prodotti GM, infatti, il cittadino avrà almeno la possibilità di fare una scelta più informata al supermercato. Secondo le nuove direttiva comunitarie, cibi e mangimi geneticamente modificati possono liberamente circolare nel mercato a patto che vengano debitamente etichettati qualora contengano lo 0,9 per cento di ingredienti Gm. Per permettere di risalire all’intero processo produttivo, inoltre, i nuovi regolamenti stabiliscono che produttori e acquirenti conservino per un periodo di cinque anni tutti i dati riguardanti l’origine, la composizione e la vendita di prodotti geneticamente modificati. Ancora più severe le regole per le sementi mentre non ci sono vincoli per gli alimenti che provengano da animali nutriti con Ogm, come latte e carne, risultati alle analisi esenti dal rischio di contaminazioni.

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