Spillover, c’è preoccupazione per un nuovo virus potenzialmente pandemico

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(Credits: Iva Rajović on Unsplash)

Nè dai pipistrelli né dai pangolini, bensì dai maiali. Potrebbe essere questa la sorgente dello spillover di un nuovo virus appena scoperto dal team di ricercatori della China Agricultural University, con la partecipazione dei Centri cinesi per il controllo delle malattie. Infatti, nel loro nuovo studio, appena pubblicato sulle pagine di Pnas, dimostrano di aver identificato un nuovo virus dell’influenza suina, chiamato G4 EA H1N1, che si sta diffondendo in Cina e avrebbe le capacità di scatenare un’altra pandemia. Una scoperta che, alla luce dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo a causa del nuovo coronavirus, genera allarmismo e preoccupazione, tanto che i ricercatori esortano l’adozione immediata di strategie e misure di controllo per prevenire lo spillover e, di conseguenza, una nuova malattia pericolosa per gli esseri umani. Ma serve sangue freddo e molta cautela: non ci sono ancora prove del fatto che il virus possa essere trasmesso da umano a umano.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno dimostrato che il virus, recentemente emerso in Cina, è il risultato della combinazione di tre varianti: una simile ai ceppi di virus influenzali degli uccelli in Europa e Asia, un’altra che deriva dal virus H1N1, e un’altra ancora che ha caratteristiche simili alla variante H1N1 del Nord America. E i risultati, a detta degli autori, non sono rassicuranti: c’è il rischio, infatti, che il nuovo G4 EA H1N1 possa diffondersi tra gli esseri umani e causare potenzialmente una pandemia. I maiali, inoltre, sono molto suscettibili ai virus dell’influenza, e questo fa di loro dei perfetti ospiti intermedi: se un maiale viene infettato contemporaneamente da due virus, per esempio uno umano e uno suino, questi possono scambiarsi materiale genetico in un processo chiamato riassortimento. Il risultato? Un nuovo ceppo virale in grado di infettare gli esseri umani, per cui non si è sviluppata né l’immunità né un vaccino efficace.

Per giungere alle conclusioni dello studio, i ricercatori hanno tenuto traccia per sette anni (2011-2018) dei virus potenzialmente infettivi, raccogliendo circa 30mila campioni di tamponi nasali nei macelli di 10 province cinesi. Tra questi si sono concentrati su mille tamponi nasali di suini con sintomi respiratori: da qui, i ricercatori sono riusciti a isolare 179 virus, di cui ben 165 erano simili all’influenza aviaria eurasiatica (EA H1N1). Analizzando poi la composizione genetica dei virus, il team ha scoperto che il genotipo 4 (G4) era quello dominante (appunto G4 EA H1N1, il virus appena identificato) a partire dal 2016. Per testare gli effetti di G4 EA H1N1 sull’organismo, il team lo ha introdotto nelle cellule umane e nei furetti, scoprendo che mostra alcune delle caratteristiche simili al virus H1N1, che causò la pandemia del 2009, la cosiddetta influenza suina: si lega ai recettori SAα2,6Gal, si replica efficacemente nelle cellule epiteliali delle vie aeree umane e mostra alti tassi di contagio tra i furetti. Ma non solo: dopo aver esaminato i campioni di sangue di 300 dipendenti di 15 allevamenti, i ricercatori hanno scoperto che il 10% era provvisto degli anticorpi contro il nuovo virus. E ad oggi, sono stati documentati due casi che hanno riportato una malattia associata a questo tipo di virus. “I virus G4 EA H1N1 possiede tutte le caratteristiche essenziali per infettare gli esseri umani”, scrivono gli autori.

Tuttavia, alcuni esperti di zoonosi, ossia malattie che si trasmettono dagli animali all’essere umano, invitano alla cautela. Infatti, sebbene sia importante adottare tempestivamente misure di controllo per prevenire lo spillover e, di conseguenza, una nuova malattia pericolosa per gli esseri umani, il virus per ora non rappresenta un reale pericolo. “Al momento non ci sono prove di trasmissione da uomo a uomo, quindi non siamo ancora arrivato al punto di un’altra epidemia”, ha spiegato in un’intervista rilasciata a Inverse Melinda Rostal, esperta di malattie zoonotiche di EcoHealth Alliance. “Ma i risultati hanno fornito forti prove che suggeriscono che se la trasmissione da uomo a uomo dovesse cominciare a verificarsi, potremmo essere di fronte a un’altra grande epidemia. Dobbiamo essere consapevoli di questo rischio in modo da poter iniziare a prendere misure per prevenire lo spillover ora, mentre è ancora nei suini”. È importante ribadire che questa possibilità non è ancora diventata realtà, ma anzi ancora remota. “I risultati di questo studio dovrebbero essere presi in considerazione dai funzionari della sanità pubblica in Asia. Sebbene la minaccia non sia imminente, è importante che le persone che lavorano con i suini, come allevatori e venditori, adottino misure per impedire l’ulteriore trasmissione del virus da questi animali alle persone”.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: Iva Rajović on Unsplash