Categorie: Spazio

Perché portare una sonda nell’orbita di Cerere

Il 6 marzo 2015 verrà ricordato come un’altra data da record nel campo dell’esplorazione spaziale. Oggi, infatti, la sonda della Nasa Dawn è entrata in orbita intorno a Cerere, il pianeta nano più vicino alla Terra e l’oggetto più grande della fascia di asteroidi tra Marte e Giove. Una giornata di primati: Dawn infatti è la prima sonda a orbitare un pianeta nano e diventa così la prima ad aver orbitato intorno a due diversi corpi celesti (nel 2011 infatti girò intorno all’asteroide Vesta), e non semplicemente a sorvolarli da vicino (flyby). Ma perché cercare di capire di cosa è fatto Cerere e come si è evoluto? Perché proprio questo pianeta nano? Forse perché, ricorda Space.com, sono diverse le peculiarità del pianeta nano, eccone alcune.

1. Cerere è stato il primo asteroide a essere identificato
Comincia come una storia italiana quella di Cerere. Fu infatti scoperto dall’astronomo nostrano Giuseppe Piazzi nel 1801, che all’inizio scambiò l’oggetto per una stella, poi una cometa, fino a intuire alla fine che dovesse trattarsi di tutt’altro, come scrisse:“Avevo annunciato questa stella come una cometa, ma poiché non è accompagnata da alcuna nebulosità, e inoltre il suo movimento è così lento e piuttosto uniforme, mi è venuto in mente più volte che potesse essere qualcosa di meglio di una cometa”. L’identità di Cerere venne alquanto dibattuta anche dopo i primi dubbi di Piazzi: prima pianeta, poi asteroide e infine pianeta nano.

2. Quel nome che ricorda l’agricoltura e che condivide con un elemento
Prima di essere il nome di un pianeta anno, Cerere era il nome della dea greca della fertilità e della terra, protettrice dei raccolti in agricoltura, nonché della Sicilia. Al pianeta nano, e quindi alla dea romana, rimanda anche il nome del cerio, elemento chimico scoperto appena dopo due anni la scoperta di Piazzi.

3. Quelle strane macchie luminose
Cerere ha cominciato a far parlare di sé ben prima che la sonda della Nasa arrivasse dalle sue parti. Le foto scattate dalla navicella hanno infatti rivelato la presenza di misteriosi puntini luminosi sulla sua superficie, forse materiale estremamente riflettente, come ghiaccio di recente esposizione o acqua ad alto contenuto di sale. Attendiamo nuove da Dawn.

4. E quei misteriosi pennacchi
Oltre alle macchie a stuzzicare gli astronomi sono anche i pennacchi di vapore acque avvistati dall’osservatorio spaziale Herschel su Cerere. Da dove hanno origine? Sono il prodotto di vulcani ghiacciati o sono la conseguenza della caduta di un meteorite che ha scoperto ed esposto all’ambiente spaziale del ghiaccio sottostante?

5. Cerere potrebbe ospitare un oceano sotterraneo
I misteriosi pennacchi di vapore acqueo, secondo alcuni scienziati, potrebbero essere la testimonianza di un oceano sotterraneo, dove l’acqua sarebbe mantenuta liquida dal calore  generato da elementi radioattivi presenti nel suo interno. Se fosse così Cerere diventerebbe ancora più interessante, perché potrebbe ospitare la vita per come la consociamo quaggiù.

6. È stranamente rotondo
La maggior parte dei componenti della fascia principale degli asteroidi – i vicini di Cerere – non ha forma sferica, Cerere invece sì, e questo a causa delle sue dimensioni: è abbastanza grande (circa 950 km di diametro) perché la forza di gravità gli abbia dato questa forma. Sfera che secondo i modelli attuali sarebbe costituita di un nucleo roccioso, uno strato di ghiaccio, forse l’oceano di cui si parlava e una superficie polverosa.

7. Cerere potrebbe avere un’atmosfera
Dulcis in fundo il pianeta nano Cerere incontrato da Dawn potrebbe avere un’atmosfera, generata dalla sublimazione del ghiaccio per effetto della radiazione solare. Anche se finora sono state poche le osservazioni di questo genere, la sublimazione potrebbe portare alla formazione di un’atmosfera, per esempio in seguito all’esposizione di ghiaccio allo Spazio dopo impatto con meteoriti.

Via: Wired.it

Credits immagine:  NASA/JPL-Caltech

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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