Pesante come un neutrino

Una caccia spietata, durata più di trent’anni. Poi, lo scorso giugno, i neutrini, le particelle subatomiche più elusive che si conoscano, sono finiti nella trappola tesa dai ricercatori del canadese Sudbury Neutrino Observatory. E così si è finalmente provato – una volta per tutte – che queste evanescenti particelle sono dotate di massa. Per i cosiddetti cacciatori di particelle, fisici teorici e sperimentali sempre alla ricerca dell’intima natura di tutte le cose, si tratta di un nuovo importante trofeo.

I neutrini, insieme a quark, elettroni e fotoni, rappresentano i mattoni fondamentali che formano l’universo. Sono ovunque: ciascuno di noi, ogni secondo, è attraversato da miliardi di neutrini prodotti nelle reazioni nucleari che alimentano le stelle. Ma essendo privi di carica elettrica e interagendo molto debolmente con la materia, passano del tutto inosservati, tanto da meritare l’appellativo di “particelle fantasma”. Da decenni si discute se la loro massa sia o meno diversa da zero. E da decenni si cerca di capire perché i neutrini provenienti dal Sole siano meno di quanto prevedono le teorie.

Nel 1968 l’astrofisico americano John Bahcall riuscì a stimare il numero di neutrini provenienti dal Sole. “Conoscere con esattezza questo numero significa ottenere informazioni preziose sulle regioni più interne delle stelle, da cui non provengono radiazioni”, spiega Bahcall. Finora, tutti gli esperimenti avevano sempre rilevato solo un terzo dei neutrini previsti. Ma Bahcall non era in errore. Il problema è che il Sole produce un solo tipo di neutrini, i neutrini elettronici. Ma durante il viaggio dal Sole alla Terra, circa due terzi dei neutrini elettronici “oscillano”, cioè si trasformano in altri tipi di neutrini, molto più difficili da catturare. Tenendo conto delle oscillazioni, il numero di neutrini solari è esattamente quello previsto da Bahcall.

Sebbene i primi indizi siano stati raccolti tre anni fa dal rivelatore giapponese Super-Kamiokande, i ricercatori di Sudbury, per la prima volta, hanno misurato il flusso di tutte le specie di neutrini, osservando l’oscillazione in modo diretto. Ci sono riusciti grazie a un enorme serbatoio riempito con mille tonnellate di acqua pesante ricavato da una miniera abbandonata a due chilometri di profondità nel sottosuolo canadese, nei pressi della cittadina di Sudbury, in Ontario. Qui, al riparo dai raggi cosmici, ogni due o tre ore un neutrino collide con una molecola d’acqua generando una scintilla luminosa. Da questa scintilla è possibile risalire al tipo di neutrino catturato. “Quando ho saputo che i miei calcoli erano corretti”, confida Bachall, “mi sono sentito come un condannato a cui hanno appena detto che il test del Dna prova la sua innocenza. E’ stato il momento più felice dopo la nascita dei miei tre figli. Ma questa volta, anziché nove mesi, il lieto fine si è fatto attendere per quasi quarant’anni”. I dati raccolti tra la fine del 1999 e l’inizio del 2001, pubblicati in giugno dalla rivista Physical Review Letters, lasciano pochi dubbi: i ricercatori americani si dicono sicuri al 99 per cento di avere risolto l’enigma dei neutrini solari mancanti.

“E’ una di quelle scoperte che costringe gli editori a cambiare i libri di testo: la fisica dei neutrini dovrà essere riscritta”, afferma Bahcall. L’oscillazione implica infatti che i neutrini siano dotati di massa. Piccolissima, sì, ma pur sempre diversa da zero. E dato il loro enorme numero, i neutrini rendono conto di circa il 18 per cento della misteriosa materia oscura che pervade il cosmo ma non può essere osservata con i telescopi o con gli altri strumenti astronomici. Neutrini senza più misteri? “La natura è timida, e spesso ci porta a credere di aver compreso tutto di un fenomeno quando in realtà abbiamo raggiunto solo una conoscenza parziale. Nuovi esperimenti portano sempre a un più profondo, sottile e affascinante livello di significato”. Parole quasi profetiche se si pensa che i ricercatori del Fermilab, negli Usa, hanno appena scoperto che, alle alte energie, i neutrini sembrano comportarsi in modo leggermente diverso da quanto previsto dai modelli teorici standard, forse influenzati da una forza sconosciuta. La storia del neutrino – siamo pronti a scommetterci – non finisce qui.

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