Plastica al pomodoro

Conserva di pomodoro, sugo per pasta e pizza e ora anche buste ecologiche. Il pomodoro San Marzano sembra moltiplicare le sue funzioni anche lontano dalla tavola. Le bucce di questi ortaggi, avanzate dalla lavorazione delle industrie conserviere, potranno infatti essere utilizzate per realizzare materiali biodegradabili, dalle buste di plastica ai teli per la copertura delle serre o dei campi. L’idea di base non è nuova, ma promette già di portare numerosi vantaggi socio-economici, assicurano i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, che da due anni lavorano al programma di ricerca sui biomateriali finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Con questo sistema, infatti, le aziende potrebbero risparmiare quanto spendono per lo smaltimento delle bucce ed eviterebbero di inquinare liberandosi degli avanzi illegalmente. Inoltre, per affiancare alla normale attività conserviera anche quella della lavorazione degli scarti, le industrie avranno bisogno di nuove professionalità, creando quindi nuovi posti di lavoro. “Durante la nostra ricerca abbiamo estratto e purificato i polisaccaridi ottenuti dagli scarti della lavorazione del pomodoro e poi li abbiamo riconvertiti in pellicole biodegradabili”, spiega Barbara Nicolaus, ricercatrice del Cnr e autrice dello studio. “Se si pensa che una sola delle industrie conserviere attive in Campania produce 110 mila quintali di pomodori con il 2 per cento di scarti, cioè 2 mila quintali di biomassa in esubero, ci rendiamo conto di quale risorsa economica siano gli scarti”. Le caratteristiche chimico-fisiche dei polisaccaridi estratti dalle bucce del pomodoro sono molto interessanti: hanno un alto peso molecolare, resistenza alla temperatura, elasticità e viscosità. “Sono molecole ad alto peso che polimerizzano e con l’aggiunta di certi gliceranti danno origine a questi materiali ecodegradabili di notevole importanza”, continua Nicolaus. Le pellicole, infatti, possono essere utilizzate nei supermercati sotto forma di buste per la spesa e soprattutto per conservare i cibi in congelatore, oppure possono essere usate dagli agricoltori come teli per le serre e i campi. E, una volta terminata la loro funzione, possono essere gettate via senza provocare alcun danno ambientale. I vantaggi sono notevoli anche se si guarda al portafogli. Si va dalla risoluzione dei problemi legati all’eliminazione degli scarti dell’industria conserviera e quindi alla riduzione dei costi, fino al miglioramento del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti o dei residui invenduti. Ma una nota positiva viene soprattutto dalla creazione di nuovi posti di lavoro. E’ chiaro che se attraverso gli studi successivi, anche con biomasse più elevate, la convivenza tra la lavorazione dei pomodori e quella degli scarti per produrre pellicole ecologiche passasse l’esame, servirebbero nuove individualità da impiegare, con una maggiore professionalità. E dal pomodoro nascerebbe così un secondo mercato parallelo. Si, ma quando? “Fino a oggi abbiamo svolto il lavoro scientifico, ma ancora manca uno studio di fattibilità e una messa a punto del sistema, da attuare con il contributo degli esperti di economia e tecnologia”, dice l’autrice dello studio. “Il progetto pilota ha già destato l’interesse di alcuni distretti conservieri stranieri e speriamo che attraverso dei finanziamenti si possa attuare in diverse aziende, come quella di Mercato San Severino con cui siamo già in contatto”. Visto che la produzione italiana di pomodori si aggira intorno a 65 milioni di quintali l’anno, di cui 30 solo in Campania, quella della pellicola al pomodoro è proprio un’occasione da non perdere.

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