Privacy nella rete

Internet, da strumento per iniziati qual era alcuni anni fa, si sta sempre più connotando, in questa fine di millennio, come la più importante delle tecnologie dirette a promuovere la comunicazione e la libertà tra gli uomini. Da Internet derivano nuove coordinate e schemi per una visione fortemente innovativa del libero mercato, e può essere anche origine di un vigoroso rilancio della nostra economia oltre i confini nazionali.

Le linee di sviluppo previste interessano filoni importanti quali lo scambio elettronico di informazioni tra le imprese (EDI, Electronic Data Interchange), il commercio elettronico e l’area della monetica, il telelavoro, i rapporti tra le Pubbliche Amministrazioni e tra queste e i cittadini. A rendere più esplosivo questo fenomeno contribuisce la convergenza verso le tecnologie digitali di quei prodotti tipicamente consumer oriented o di supporto al lavoro quali la televisione, l’alta fedeltà, i videogiochi, i fax e la telefonia fissa e mobile. In un immediato futuro, televisore, network computer o personal, collegheranno in rete persone di ogni età per motivi di svago, informazione, educazione, lavoro, ottimizzando i tempi e i costi di produzione. Le rilevazioni condotte sul mercato italiano per l’anno 1997 e relative al settore dell’informazione e della tecnologia dell’informazione hanno indicato un tasso di crescita che fa ben sperare, in quanto si avvicina al trend degli Stati Uniti e supera l’andamento di paesi quali la Germania; si può quindi ipotizzare un forte recupero dell’Italia, che nel 1996 appariva al penultimo posto tra i maggiori paesi europei, avanti soltanto alla Spagna. Nel 1997 si rilevavano, infatti, solo 1 milione 400 mila navigatori effettivi in Internet, (esclusi cioè i frequentatori di “Internet café” che utilizzano postazioni aperte al pubblico), ma i dati raccolti tra i diversi provider sulle nuove richieste di connessione confermano l’aumento degli utenti: da marzo a settembre 1997 gli accessi ad Internet sono saliti di quasi il 100%, passando da 1,3 a 2,3 milioni.

Che Internet stia trasformandosi in un settore irrinunziabile per l’economia pubblica e privata, nonché per lo stile di vita dei cittadini, lo si può rilevare anche dall’attenzione che importanti settori commerciali, e in particolare quello pubblicitario, stanno rivolgendo alla rete. In un anno si è passati da 6.000 a 14.000 domini registrati e, secondo il rapporto Alchera 1997, su un totale di 125.000 aziende “technology oriented”, con almeno 10 addetti, da marzo 97 a settembre 97 le aziende collegate sono passate da 44.000 (35%) a 57.000 (46%) . Negli Usa si prevede per il 2000 un mercato pubblicitario vicino agli 8.000 miliardi di lire, e in Italia, anche se con cifre decisamente più modeste, si prevede di arrivare dal miliardo e mezzo del 1997 ai 15-20 miliardi stimati per il 1998: conferma queste previsioni l’interesse che stanno rivolgendo al settore le grandi firme della comunicazione che sinora, puntando su settori a più alta redditività, quali quelli televisivi, avevano lasciato campo libero a piccole imprese estremamente ricche di iniziative.

Ci vogliono garanzie

Ma perché queste previsioni divengano realtà, è necessario, come detto poc’anzi, fornire agli utenti della rete alcune certezze: innanzi tutto la sicurezza e la riservatezza della transazione, la garanzia cioè che non ne vengano alterati i contenuti a danno dell’acquirente, o possano essere catturate informazioni riservate che consentano di contraffare o replicare abusivamente il mezzo di pagamento utilizzato. Occorre poi, da un lato, dare all’acquirente la certezza che la controparte venditrice sia affidabile e che si assuma la responsabilità dell’integrità e della qualità del bene in vendita, e, dall’altro, assicurare al venditore che chi compra sia in grado di onorare l’impegno a pagare, se acquista a credito o ratealmente, o che l’ammontare della cifra transata elettronicamente sia equivalente a denaro contante, cioè pervenga sicuramente sul conto del venditore. Per risolvere il primo dei problemi è possibile ricorrere a sistemi di crittografia, già disponibili oggi ma che diverranno sempre più complessi e sicuri, o ricorrere a supporti di moneta elettronica capaci di assicurare la transazione, mediante l’uso di carte a microcircuito e di appositi lettori connessi al terminale di accesso alla rete. Per la seconda necessità, gli esercenti o fornitori di beni e servizi in vendita attraverso la rete dovranno conseguire una sorta di attestato di garanzia mediante il ricorso ad agenti che ne forniranno una certificazione di affidabilità (Certification Authorities), così come la garanzia sull’affidabilità della clientela dovrà essere fornita dalle istituzioni finanziarie che faranno da tramite agli scambi elettronici.

Sarà necessario anche predisporre nuovi schemi contrattuali per gli atti di compravendita che tengano conto di tutte le complessità inerenti a transazioni effettuabili su un mercato senza più frontiere e orari. Allo stesso modo, le organizzazioni commerciali che vogliano attrarre vasti settori di mercato (anche dal punto di vista geografico) dovranno rivolgere particolare attenzione alle soluzioni per la consegna della merce ordinata.

Ma sulla rete sarà possibile acquistare non solo prodotti concreti, come biglietti di viaggio, libri, dischi, dispositivi informatici, che secondo i risultati di studi condotti su scala mondiale (Italia compresa) sono gli oggetti di acquisto preferiti, ma anche prodotti di natura multimediale, come testi, immagini, brani filmati e musicali. Però, l’ingresso sul mercato di questo tipo di oggetti, fa sorgere nuove necessità: accanto al problema della sicurezza e della certificazione, si impone quello della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Infatti, è estremamente facile, per la natura digitale di tali oggetti e grazie alle soluzioni tecnologiche hardware e software offerte dal mercato, effettuare riversamenti, copie, fusioni e trasformazioni che, a partire da uno o più oggetti originali, traggono un prodotto apparentemente differenziato. Anche qui il diritto dovrà sforzarsi di trovare regole e norme che siano valide e trasferibili nelle diverse realtà economiche, politiche e religiose che compongono il villaggio globale.

Controllare ma non censurare

Uno dei temi che, in questi ultimi tempi, è stato più dibattuto da media ed organi di informazione, portando prepotentemente Internet all’attenzione dei comuni cittadini, è stato l’utilizzo non sempre ortodosso che viene fatto della rete: la diffusione di materiale pornografico, le “chat line” utilizzate per fini pedofili, i “discussion groups” che trattano temi anarchici o razzisti o a favore della libertà dell’uso di droga e così via, sino a fomentare violenza e disordine o insegnare a fabbricare rudimentali ordigni esplosivi. Questi dibattiti hanno finito col delineare ipotesi restrittive e di controllo che, se concretizzate senza spirito critico e di riflessione, finirebbero per strangolare questo fantastico e imprevedibile “medium”. E’ necessario riflettere con calma e non trasformarsi, sull’onda dell’emotività, in inquisitori del cyberspazio, che cercano di scoprire pervicacemente il male e il riprovevole in ogni bit, intercettando e decrittando ogni messaggio che transiti sul filo, invocando oscuramenti di siti. Ma è anche opportuno educare: non solo introdurre nelle scuole corsi di formazione e di pratica per l’uso di strumenti informatici, ma anche colmare il gap generazionale che divide gli adulti dai giovani per quanto riguarda la familiarità con le nuove tecnologie. Lasciare i più piccoli internauti liberi di fare quel che vogliono con il computer ricevuto in regalo, senza che i genitori siano in grado di introdurre misure di controllo o semplicemente di sorvegliare le loro sedute, equivale ad avere in casa romanzi non adatti alla gioventù senza avere i mezzi per poter impedirne la lettura. Ma non per questo si distruggono le opere di Miller o di Lawrence.

Di fatto, le tanto auspicate leggi per il cyberspazio ci sono già; per esempio, chiunque commetta reato di pedofilia deve essere punito, indipendentemente dal mezzo che usa per perpetrare il crimine. Internet è un medium, come il telefono, la radio, la televisione, i giornali, la posta; sono i comportamenti umani che vanno regolamentati, ed eventualmente puniti, non i media attraverso i quali possono essere commessi i reati e gli abusi. Al di là delle leggi e dei regolamenti, si stanno attualmente studiando soluzioni tecniche per risolvere il problema dei contenuti di un sito o di un oggetto digitale, sia esso un testo o un’immagine. Alla fine di novembre del 1997 è stata messa a punto una specifica tecnica denominata PICS (Platform for Internet Contents Selection): questa soluzione dovrebbe consentire una sorta di etichettatura dei singoli oggetti. Ma poiché il protocollo standardizza il formato delle etichette ma non può certo standardizzarne la semantica (l’etichettatura sarebbe necessariamente a cura del service provider, e dunque sottoposta alle leggi del paese in cui egli opera, nonché condizionata da una particolare struttura culturale, sociale, politica e religiosa), la soluzione rischia di assumere l’aspetto di una forma di censura, e questo non può essere certo gradito dalla cultura del cittadino del cyberspazio. Infatti, lo snodo fondamentale di questa cultura consiste nella convinzione che a nessuna autorità se non all’individuo (all’utente finale) sia permesso di filtrare il traffico in rete. Paesi integralisti per politica, cultura o religione, come la Cina o alcuni paesi islamici, forti del controllo sul monopolio delle telecomunicazioni attraverso agenzie governative, hanno fissato regole ferree, e applicano sanzioni severe a chi le viola. Del resto, anche il problema della sicurezza ha generato forti discussioni in materia di copyright e di commercio elettronico.

Le norme della riservatezza

Per quanto riguarda la tutela della privacy, la tecnologia può essere uno strumento efficace per consentire agli utenti di difendersi da violazioni, ma da sola non può bastare. Occorre anche un insieme articolato di regole e norme che assicurino la fiducia dei navigatori verso gli sviluppi applicativi in Internet. Sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea sono in corso riflessioni sul tema, anche se gli approcci degli Usa sono differenti da quelli del resto del mondo.

Attualmente sono allo studio software che consentano agli internauti di definire profili di riservatezza da richiedere ai web prima di dar luogo ad una connessione di ricerca o di tipo interattivo, dove è possibile indicare ciò che si è disposti a concedere, a scapito della propria privacy, in cambio della possibilità di esplorazione e di utilizzo dei servizi offerti; così come si stanno esplorando tecnologie che possano garantire l’anonimato all’utente. Ad esempio in Olanda si utilizzano carte prepagate in modo anonimo su punti “Internet café”, e anche la legge tedesca del 1 agosto 1997 prevede questa possibilità. Nasce quindi la necessità di conciliare il diritto all’anonimato con la predisposizione di forme di responsabilità giuridica. Tutto ciò ovviamente andrà adattato alle esigenze di sicurezza e di giustizia dei governi.

A questo proposito l’approccio europeo, non certo totalmente libertario e volontaristico, sembra orientato verso una struttura il più possibile leggera, dove si combinano leggi nazionali ed internazionali, contratti certificati da organismi pubblici o di categoria, codici di condotta e, ovviamente, la tecnologia. A Strasburgo, alla fine del ‘97, si è tenuta una riunione del GT 15 (Group de Travail Nouvelle Technologies) il cui compito è quello di studiare l’impatto delle nuove tecnologie (Internet, videosorveglianza, carte a microprocessore) sulla protezione dei dati personali. Si vuole pervenire ad un codice di condotta che, approvato dal Comitato dei Ministri, dovrà essere trasformato in legislazione presso gli stati membri. Il progetto del codice è focalizzato su tre aspetti principali:

– diffondere presso gli utenti e providers di Internet la consapevolezza che la rete non offre sufficienti garanzie di sicurezza se non utilizzando idonei mezzi di protezione;
– rendere consapevoli gli utenti del fatto che esiste un diritto di accesso presso i service providers per verificare l’esistenza di propri dati personali, la loro correttezza ed eventualmente chiederne la correzione o la cancellazione;
– diffondere il concetto che esiste una responsabilità giuridica per tutte le operazioni effettuate su Internet.

Il Commissario europeo per l’industria Bangemann ha proposto, nell’ambito di una conferenza tenutasi a Bruxelles sugli Standard Globali, la messa a punto di uno Statuto internazionale sottoscritto da Governi ed aziende che faciliti l’adozione di standard comuni e la risoluzione di controversie che si delineano tra Europa e Stati Uniti su temi quali la crittografia elettronica, la disciplina della proprietà intellettuale su Internet, la data privacy, le ipotesi di tassazione nel commercio elettronico. Tutto questo, però, senza ricorrere a norme internazionali che risultino vincolanti dal punto di vista legislativo. Anche il Consigliere della Casa Bianca, Ira Magaziner, ha auspicato la definizione spontanea, da parte dei produttori senza intervento dei governi, di un codice di condotta delle nuove tecnologie. Il concetto di base sta nella convinzione che leggi e normative non possono irregimentare la natura di Internet e delle nuove tecnologie che sono in continua evoluzione.

La legge 675 sulla protezione dei dati personali, e l’associata legge delega 676 (art.1, comma 1, lettera n) dovranno al più presto individuare le opportune modalità affinché la legislazione in materia di protezione dei dati possa essere applicata senza particolari difficoltà ai servizi di comunicazione e informazione offerti per via telematica. Tutto ciò dovrà essere condotto in perfetta sintonia con quanto sta maturando negli altri paesi: cioè la messa a punto di uno Statuto internazionale sottoscritto da Governi ed aziende che faciliti l’adozione di standard e regolamenti di disciplina comuni, senza però ricorrere a leggi internazionali che risultino vincolanti. La legge delega impegna inoltre il Governo ad individuare le opportune modalità affinché la legislazione in materia di protezione dei dati possa essere applicata senza particolari difficoltà ai servizi di comunicazione e informazione offerti per via telematica (art.1, comma 1, lettera n). Con questa norma l’Italia è il primo paese europeo ad aver emanato una disposizione di legge che prende atto della necessità di dover modulare in rapporto ad Internet la normativa sulla protezione dei dati.

Il principio che sta maturando è quello di garantire il rispetto della privacy nell’ambito delle reti aperte attraverso una strategia diversificata:
– autodifesa da parte degli utenti che devono accertare il livello di sicurezza offerto dal fornitore di servizi a cui ci si rivolge;
– sviluppo di nuove tecnologie informatiche che assicurino elevati livelli di sicurezza e di protezione della privacy;
– norme di disciplina concordate tra i providers, non certo imposte dagli Stati;
– consapevolezza che Internet, per quanto in frenetica evoluzione e con capacità altamente diffusive, è pur sempre un medium e ad esso quindi, e ai suoi abusi, si possono applicare tutte le leggi e le regole dei codici della società civile.
Tutto ciò nella convinzione che imporre norme e restrizioni ad Internet equivale a limitarne la diffusione e la frequenza di utilizzo.

In conclusione, si può affermare che Internet ha certamente bisogno di norme, più che di leggi, per poter avviare in rete transazioni finanziarie e commerciali, approfondire la conoscenza, scambiare informazioni. Tutto ciò nel rispetto della sicurezza, senza dover subire frodi, invadenze pubblicitarie, controlli politici e di costume, o misurazioni delle nostre capacità reddituali. La condizione è che si operi in accordo con i principi fissati dai codici penale e civile della società in cui si vive, ricordando, e questa è la “netetiquette”, che Internet supera tutte le frontiere, le abitudini sociali, culturali e religiose. Se, per esempio, dialoghiamo e scambiamo informazioni di culinaria con un corrispondente straniero dovremo sempre calarci nella sua realtà: non tratteremo certamente di ricette a base di maiale se costui è di religione islamica, a meno che non sia lui a richiedercelo.

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