Si è svolto la scorsa settimana al Cern di Ginevra il Secondo Simposio Internazionale di Adroterapia, organizzato dal Gruppo Europeo per la Terapia con Particelle Pesanti Ehtg, dal Gruppo Cooperativo per la Terapia a Protoni Ptocg e da Tera, la fondazione italiana per la terapia oncologica voluta da Ugo Amaldi. Come ha dichiarato il Direttore Generale del Cern Chris Llewellyn Smith nel discorso di apertura, la terapia ad adroni è un esempio principe delle applicazioni tecnologiche derivanti dalla ricerca fondamentale. Uno dei pochi mezzi efficaci per creare unponte fra la comunità scientifica e il grande pubblico, generalmente scettico sull’ “utilità della ricerca inutile”. La terapia adronica è una versione innovativa della radioterapia tradizionale: le cellule cancerogene vengono bombardate da fasci di protoni o ioni generati da acceleratori di particelle, invece che da elettroni o fotoni. Questo consente di colpire il tumore con una precisione millimetrica, dieci volte migliore, eliminando ilrischio di danneggiare tessuto sano assieme alle cellule cancerogene. E’ infatti più facile contenere particelle cariche, come i protoni e gli ioni, inun fascio stretto rispetto a particelle neutre come i fotoni. La maggiore densità di energia persa dalle particelle “pesanti” rende questa tecnicaparticolarmente promettente per la cura di tumori vicini ad organi sensibili come gli occhi, il cervello o la colonna vertebrale. L’incontro ginevrino ha fatto il punto sugli sviluppi tecnologici dell’adroterapia, mettendo a confronto le esperienze dei medici e le tecnologie sviluppate dai fisici deicentri di cura e di ricerca esistenti e in fase di progettazione in Giappone, Stati Uniti, Germania, Olanda, Austria, Svizzera e Italia. Il nocciolo della discussione è stato ben riassunto dal dottor Joe Castro, del Lawrence Berkley Laboratory, che ha dichiarato: “Gli oncologi preferiscono la terapia con i fotoni, perché è immediatamente accessibile negli ospedali, costa meno e permette di curare a ciclo continuo migliaia di pazienti. Ifisici sostengono invece i protoni, perché sono obiettivamente più efficaci e più precisi per la distruzione delle cellule tumorali. Ma la terapia a protoni è ancora troppo complessa da gestire e troppo costosa rispetto alle poche centinaia di pazienti che riesce a curare. Un lusso che si possono permettere attualmente solo pochi raffinati centri di ricerca e sviluppo, e per il momento i medici la considerano negativa dal punto divista sociale ed economico, pur incoraggiando i ricercatori a sviluppare la tecnologia che permetta presto a queste installazioni di entrare negli ospedali”.
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