Psoriasi, nanoparticelle per ripulire la pelle dal DNA dannoso

psoriasi
(Foto: tiburi via Pixabay)

Dalla nano-medicina si fa strada una speranza per il trattamento della psoriasi, una malattia infiammatoria cronica della pelle che causa arrossamenti e placche. I ricercatori dell’università di Guangzhou in Cina hanno realizzato un gel a base di nanoparticelle che può essere applicato direttamente sulla lesione come una pomata. Le cellule danneggiate o morte, infatti, rilasciano frammenti di DNA che peggiorano l’infiammazione che a sua volta distrugge altre cellule – un meccanismo che si autoalimenta e amplifica il danno ai tessuti. Le nanoparticelle contenute nel gel, invece, catturano il DNA libero e interrompono questo circolo, alleviando i sintomi della psoriasi, per ora sia nei topi che nei macachi. Con il vantaggio di un’applicazione topica che, per una superficie accessibile come la pelle, permette di massimizzare l’efficacia riducendo al minimo i possibili effetti collaterali sistemici. I dettagli dello studio sono pubblicati su Science Advances.

Psoriasi, una malattia autoimmune

La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica della pelle che colpisce circa il 2-3% della popolazione mondiale. Si tratta di una malattia autoimmune: il sistema immunitario non riconosce più il tessuto cutaneo e inizia ad attaccarlo. Si manifesta inizialmente con la comparsa di chiazze rosse sulla cute, e poi, a mano a mano che le cellule epidermiche morte si accumulano sulla superficie della pelle, si formano ispessimenti e squame biancastre che possono dare prurito.

La psoriasi al momento non è curabile, ma esistono farmaci per controllarne la progressione. I più utilizzati nelle forme lievi sono i glucocorticosteroidi e la vitamina D, mentre nei casi più gravi è preferibile somministrare agenti inibitori della risposta immunitaria. Ma il rischio delle terapie con immunosoppressori, specie se prolungate, è quello di predisporre il paziente a infezioni o tumori.

Il ruolo del DNA libero circolante

Più recente è invece la “targeted therapy”, ossia l’insieme dei trattamenti mirati contro molecole specifiche che hanno un ruolo nella psoriasi. Diversi anticorpi monoclonali, ad esempio, agiscono contro le citochine rilasciate dalle cellule immunitarie durante l’infiammazione.

Nella patogenesi della psoriasi, è emerso in questi anni il ruolo del DNA libero circolante o cfDNA (dall’inglese cell-free DNA). Le cellule morte o danneggiate rilasciano frammenti di DNA che entrano in circolo e aiutano quindi il medico nella diagnosi e prognosi di molte malattie, tra cui il cancro e le malattie autoimmuni. Ma il cfDNA è anche un potenziale bersaglio terapeutico, poiché può formare con le proteine circolanti dei complessi che il sistema immunitario non riconosce – anzi, li attacca, peggiorando l’infiammazione.

Bloccare l’infiammazione

Nel caso della psoriasi, il normale turn-over delle cellule della pelle è accelerato: crescono e muoiono a ritmi sostenuti, liberando una grande quantità di materiale genetico. Il cfDNA in eccesso lega un piccolo peptide a funzione antimicrobica chiamato LL-37, che le cellule delle lesioni psoriasiche esprimono in misura maggiore rispetto a quelle sane. Uno studio (in parte italiano) aveva già identificato LL-37 come un auto-antigene, ossia una molecola naturalmente presente nell’organismo, ma riconosciuta come estranea dal sistema immunitario. Il peptide, che ha la funzione di proteggere l’ospite dalle infezione microbiche, nei pazienti con la psoriasi viene scambiato per un antigene, ossia un agente da combattere. Il complesso cfDNA-LL37, in particolare, viene captato dai recettori Toll-like sulla superficie delle cellule immunitarie e scatena la reazione infiammatoria cutanea che porta alla formazione delle squame.

I ricercatori hanno già sperimentato con successo farmaci in grado di catturare il DNA libero circolante e bloccare l’infiammazione in altre malattie autoimmuni come il lupus sistemico eritromatoso e l’artrite reumatoide. I materiali cationici – che hanno carica positiva – sono i più utilizzati poiché legano con grande affinità il DNA, che per sua natura è carico negativamente. La somministrazione per via sistemica, però, comporta dei rischi.

Nanoparticelle a caccia di DNA

Per la psoriasi, che è una malattia della pelle, i ricercatori dell’università di Guangzhou, in Cina, hanno messo a punto una strategia più rapida e sicura. Hanno cioè realizzato un gel a base di glicerina e nanoparticelle composte da polimeri cationici, che legano il DNA impedendo la formazione del complesso con LL-37. Facile quanto mettere una pomata, la somministrazione riduce al minimo il rischio di effetti collaterali sistemici, poiché il gel viene spalmato direttamente sulla lesione psoriasica.

Nei topi, il farmaco ha alleviato i sintomi e ridotto l’infiammazione rispetto al gruppo di controllo dopo soli 5 giorni di trattamento. A conferma del meccanismo d’azione, i ricercatori hanno anche verificato una riduzione di cfDNA e di altre molecole proinfiammatorie – come l’interleuchina 17 e il fattore di necrosi tumorale alfa – sia a livello sistemico che, soprattutto, all’interno delle lesioni.

Verso l’applicazione clinica

L’esperimento, ripetuto con le stesse modalità sui macachi – un modello animale molto più vicino all’essere umano – ha prodotto gli stessi risultati. Il trattamento, insomma, è efficace ma anche sicuro e ben tollerato dall’organismo nei modelli animali. Lo studio, sostengono gli autori, dimostra che la terapia a base di nanoparticelle ha le potenzialità per passare alla clinica, dove potrebbe alleviare i sintomi della psoriasi e di altre malattie infiammatorie nei pazienti.

Riferimenti: Science Advances

Credits immagine di copertina: tiburi via Pixabay