Categorie: Società

Questione di immagine

A quanto pare gli scienziati non fuggono più quando devono presentare i propri risultati ai giornalisti. Uno studio pubblicato su Science, condotto in cinque paesi e coordinato da Hans Peter Peters del Forschungszentrum Jülich (Germania), dimostra che i contatti tra la comunità scientifica internazionale e il mondo dei media avvengono con più facilità che non in passato.

Sebbene alcune paure siano ancora molto radicate tra gli scienziati (temono, per esempio, che le loro parole possano essere riportate in modo errato), il pregiudizio che i ricercatori non siano troppo propensi a trattare con il popolo dei comunicatori comincia a incrinarsi. Peters e colleghi hanno inviato un questionario sui rapporti tra scienza e media a più di un migliaio di ricercatori di Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna e Francia che, tra il 2002 e il 2004, hanno pubblicato articoli su riviste peer-review nel campo dell’epidemiologia e delle cellule staminali. Un totale di circa 900 persone ha risposto alle domande. Campione, a detta degli autori, più che sufficiente ai fini dell’analisi.

Dallo studio emerge che i contatti tra scienziati e mondo della comunicazione sono frequenti e non limitati alle personalità di spicco. I ricercatori, infatti, sono spesso interpellati dai giornalisti come consulenti sui vari temi della scienza. E l’esperienza non dispiace affatto agli scienziati: per il 46 per cento degli intervistati, infatti, la visibilità offerta dai media favorisce la carriera; per il 57 per cento, inoltre, l’ultimo contatto è stato un’esperienza del tutto positiva. Solo il 3 per cento ha avuto conseguenze negative dal rapporto con i giornalisti.

Per quanto riguarda le motivazioni che spingono gli scienziati a comunicare vi sarebbe, primo tra tutti, il desiderio di influenzare positivamente l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti della ricerca (93%). Ma ovviamente vi è la prospettiva di un ritorno, in termini anche economici (77%):  “Chi è più visibile”, sottolinea Sharon Dunwoody, co-autrice statunitense dello studio, “appare più credibile ai potenziali finanziatori”. La maggiore frequenza dei contatti, infatti, è spesso correlata alla leadership all’interno di una struttura e al numero di articoli pubblicati, meno alla predisposizione personale del ricercatore a interagire con i media. I coordinatori dei progetti, in pratica, sono costretti a comunicare.

Il quadro della situazione non è completo, tengono a sottolineare gli autori. In alcuni campi socialmente controversi, come le scienze del clima o la biologia evoluzionistica, infatti, il rapporto tra scienziati e giornalisti potrebbe essere molto diverso. (a.g.)

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