La top ten delle scoperte da record del 2022

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(Foto: Markus Spiske su Unsplash)

Mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno arriva, come di consueto, anche nella scienza è il momento dei bilanci e dei consuntivi. E dopo avervi raccontato quali sono state le scoperte scientifiche più significative (secondo la rivista Science) e le personalità più importanti (secondo la rivista Nature) del 2022, è arrivato anche il momento di sottoporvi una classifica altrettanto eterogenea, ma questa volta selezionata da noi: tutti i record e i primati fatti registrare quest’anno da scienza e tecnologia. Come vedrete, c’è di tutto un po’: da una galassia lontanissima immortalata dal solito James Webb Space Telescope (che la fa da padrone in ogni classifica 2022, e non potrebbe essere altrimenti) a una bolla di sapone “sopravvissuta” per oltre un anno, passando per il computer quantistico più potente mai realizzato e per i pantaloni più antichi mai ritrovati. Ma basta spoiler: ecco la nostra selezione.

La galassia più distante

Come dicevamo, non poteva mancare di certo lui, il James Webb Space Telescope, da poco lanciato nello Spazio, già protagonista di tantissime scoperte e autore di foto spettacolari. Tra i tanti record che ha infranto, abbiamo scelto il più recente, ovvero l’avvistamento della galassia più lontana mai osservata: un oggetto che dista ben 13,4 miliardi di anni luce da noi e la cui luce, quindi, è partita appena 350 milioni di anni dopo il Big Bang, quando l’universo era ancora neonato. Questa osservazione, se confermata dalle prossime verifiche, aiuterà gli astronomi a comprendere meglio come ha fatto l’universo a popolarsi di galassie, stelle e pianeti.Come dicevamo, non poteva mancare di certo lui, il James Webb Space Telescope, da poco lanciato nello Spazio, già protagonista di tantissime scoperte e autore di foto spettacolari. Tra i tanti record che ha infranto, abbiamo scelto il più recente, ovvero l’avvistamento della galassia più lontana mai osservata: un oggetto che dista ben 13,4 miliardi di anni luce da noi e la cui luce, quindi, è partita appena 350 milioni di anni dopo il Big Bang, quando l’universo era ancora neonato. Questa osservazione, se confermata dalle prossime verifiche, aiuterà gli astronomi a comprendere meglio come ha fatto l’universo a popolarsi di galassie, stelle e pianeti.

Il materiale più resistente

La lega studiata dagli scienziati del Lawrence Berkelay National Laboratory (Berkeley Lab) e dell’Oak Ridge National Laboratory, i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Science, batte ogni record di durezza: si tratta di un composto a base di cobaltocromo e nichel (CrCoNi) che è al contempo estremamente duttile, cioè malleabile, e incredibilmente forte, in termini di resistenza alle deformazioni. Per di più, e contrariamente a tutti i materiali simili, diventa ancora più malleabile e forte con la diminuzione della temperatura. “Quando si ricerca malleabilità e resistenza alla rottura – ha spiegato Easo George, co-autore dello studio – di solito bisogna arrivare a un compromesso tra le due caratteristiche. Questo materiale, invece, le possiede entrambe. E, per di più, invece di renderlo più fragile, il freddo lo fortifica ulteriormente”. Al momento la realizzazione del materiale è ancora troppo complessa e costosa per pensare a un suo uso commerciale, ma gli autori del lavoro sono convinti che con ulteriori ricerche sarà possibile ottimizzarne la produzione e abbatterne i costi.

La formica più antica

Eccola: è una formica di tre millimetri, perfettamente conservata nell’ambra, che ha camminato in Europa circa trentacinque milioni di anni fa. La scoperta del fossile non è recente – è esposto al Museum of Comparative Zoology di Harvard da circa un secolo – ma lo sono la sua identificazione e datazione, di cui è responsabile un gruppo di scienziati del New Jersey Institute and Technology e della Colorado State University, coordinato da Christine Sosiak. “Il museo ospita centinaia di cassetti pieni di fossili di insetti – ha raccontato la scienziata, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista Biology Letters – e mi sono imbattuta quasi per caso in questo piccolo esemplare, che era stato etichettato come una formica comune. L’ho messo sotto il microscopio e ho capito subito che l’etichetta non era accurata: ho pensato che si dovesse trattare di qualcosa di diverso”. Di molto diverso, a quanto pare. 

l farmaco più caro

Questa ve l’abbiamo raccontata di recente: il 22 novembre scorso, la Food and drug administration, l’ente regolatorio statunitense del farmaco, ha approvato il medicinale più costoso al mondo: si tratta di una terapia per curare l’emofilia B, una malattia genetica rara. Hemgenix, questo il nome del farmaco, è prodotto da Cls Behring e consiste in una terapia genica dal costo di tre milioni e mezzo di dollari a dose, il che lo rende, per l’appunto, il farmaco più costoso al mondo. Secondo gli studi condotti finora, Hemgenix sarebbe in grado di eliminare, in oltre metà dei pazienti testati, gli episodi di sanguinamento associati alla malattia, con un potenziale risparmio sui costi sanitari. Il 16 dicembre scorso anche la European medicines agency, l’ente regolatorio europeo, ha dato la sua approvazione all’immissione in commercio di Hemgenix.

I gemelli più anziani

No, non si tratta di un record di longevità. Anzi, i gemelli Lydia e Timothy Ridgeway sono nati meno di due mesi fa, il 31 ottobre 2022. Allora dove sta il record? Ecco: gli embrioni di Lydia e Timothy sono stati creati per una coppia sposata anonima usando la fecondazione in vitro e conservati a circa 200 gradi sotto lo zero, in azoto liquido, il 22 aprile 1992: sono stati poi donati al National Embryo Donation Center di Knoxville, nel Tennessee, e infine alla coppia formata da Rachel e Philip Ridgeway di Portland. Un’attesa di quasi trent’anni, da record, per l’appunto. Intervistato dalla Cnn, Philip ha commentato come “sbalorditivo” il fatto che al momento della creazione degli embrioni – che ora sono i suoi figli – lui avesse appena cinque anni. Come dargli torto.

Il computer quantistico più potente

Nella continua corsa al computer quantisticoIbm ha appena segnato un punto: a novembre scorso, infatti, la multinazionale ha messo a punto Osprey, il computer quantistico più potente finora mai realizzato: dispone di 433 qubit, o bit quantistici, più del triplo del modello precedente (che ne aveva 127) e più di otto volte rispetto al concorrente di Google, che si chiama Sycamore. “Costruire Osprey è stata, per noi, una missione esplorativa per comprendere quanti chip quantistici riusciamo a mettere insieme – ha spiegato al New Scientist Oliver Dial, di Ibm – “Abbiamo imparato che possiamo far funzionare oltre 400 qubit. È una grande lezione, dal punto di vista ingegneristico”. Quanto alla supremazia quantistica, invece, siamo ancora un po’ indietro. Ma questa è un’altra storia.


Osprey, il computer quantistico da record per problemi impossibili


La stella di neutroni più leggera

Le stelle di neutroni sono oggetti incredibili: hanno dimensioni piccolissime – circa una decina di chilometri – ma masse enormi, comparabili per esempio a quella del Sole. La loro densità è insomma molto alta: un po’ come se una portaerei fosse compressa nello spazio occupato da un granello di sabbia. Quella scoperta dall’astronomo Victor Doroshenko, della University of Tübingen, in Germania, è da record: è grande circa venti chilometri e possiede una massa pari all’80% di quella del Sole, il che la rende la stella di neutroni più leggera mai scoperta. Lo scienziat  o e i suoi colleghi la hanno individuata scavando tra i resti della supernova HESS J1731-347, servendosi del database Gaia dell’Agenzia spaziale europea. Secondo i calcoli teorici, una stella di questo tipo dovrebbe contenere non meno di 1,17 volte la massa del Sole: la discrepanza rispetto al valore misurato potrebbe implicare che l’oggetto contiene materia cosiddetta “esotica”, come i quark di sapore strange.

I cento metri più veloci (per un robot)

Il record mondiale per i cento metri piani è attualmente detenuto dal giamaicano Usain Bolt, che il 16 agosto 2009 li ha percorsi nell’incredibile tempo di 9’’58. Il 27 settembre scorso, invece, Cassie ha corso la stessa distanza in 24’’73’: sembra un’impresa da niente (specie se paragonata al volo di Bolt), ma bisogna tener conto che Cassie è un robot. E il suo tempo è effettivamente un primato, almeno tra i suoi simili, certificato anche dal Guinness World Record, che ha definito la sua corsa “una pietra miliare concreta nel campo della locomozione robotica”. Cassie è stato sviluppato nel 2017 da Agility Robotics, spin-off della Oregon State University, e nel 2021 si era già reso protagonista di un’altra sgambata niente male, una cinque chilometri completata in 53 minuti.

I pantaloni più lisi

Rispetto alla loro età, non sono messi neanche troppo male: si tratta dei pantaloni più antichi mai scoperti. Sono stati ritrovati in una regione della Cina occidentale, e datati a circa 3200 anni fa. Si tratta di un indumento, come l’hanno definito gli archeologi sulla rivista Archaeological Research in Asia“elegante, ma resistente” (su questo non c’è dubbio), ornato con motivi decorativi che risentono delle influenze delle culture dell’epoca di diverse regioni dell’Eurasia. I pantaloni sono stati ritrovati indosso a un uomo mummificato che portava anche un poncho con una cintura in vita, un paio di stivali di pelle e una fascia di lana con quattro dischi di bronzo e due conchiglie cuciti sopra. Nella sua tomba, inoltre, è stata rinvenuta anche un’ascia da battaglia, il che indica che doveva essere stato un guerriero a cavallo. Il vintage di livello estremo.

La bolla più longeva

Quanto resta in “vita” una bolla di sapone? Uno, due, cinque, dieci secondi al massimo? Quasi sempre sì. Ma non per un gruppo di fisici della University of Lille, in Francia, coordinato da Aymeric Roux, che è riuscito a creare una bolla a base di glicerolo rimasta intatta per la bellezza di 465 giorni. L’impresa, raccontata sulle pagine della rivista Physical Review Fluids, è stata possibile aggiungendo alla superficie della super-bolla delle microparticelle che impediscono alla gravità di “erodere” materiale dalla superficie stessa, rendendola sempre più sottile (e quindi causandone lo scoppio): “Il nostro studio – scrivono gli scienziati – ha mostrato che ricoprire la bolla di microparticelle inibisce l’azione erosiva della gravità e porta il glicerolo in uno stato stabile, in cui l’evaporazione dell’acqua è controbilanciata dall’igroscopicità [la proprietà di un materiale di assorbire umidità dall’ambiente circostante, ndr] del glicerolo stesso”. Detto, fatto: la bolla così costruita è sopravvissuta per oltre un anno. Il lavoro, dicono gli autori, potrà essere utile per sviluppare nuovi materiali, tra cui schiume e pellicole più resistenti di quelle attualmente disponibili.

Via: Wired.it

Credits immagine: Markus Spiske su Unsplash