Ricomincio con Fido

“Spero di essere tanto buono quanto pensa il mio cane”. Chi dovesse trovarsi un giorno a passare davanti al penitenziario di Mansfield in Ohio (Usa) non potrebbe fare a meno di notare questo cartello scritto a mano, appeso davanti alla prigione. Parole che celano una storia d’amicizia tra il detenuto, autore del cartello, e il cane che per mesi ha addestrato fino a farne un perfetto ‘assistente’ per disabili. Storie come queste accadono di frequente nelle carceri americane, da quando, nel 1981, Pauline Quinn, una suora domenicana animata dalla passione per questi quadrupedi, ha introdotto il Prison Dog Program. Ora la versione italiana di questo progetto, rielaborata da Massimo Perla, noto addestratore di cani, e da Sirio Paccino, presidente dell’Associazione ConFido, giunge in Italia nella Casa Circondariale femminile di Rebibbia a Roma. Dove da marzo scorso si tiene il primo corso di formazione per preparatori di cani da assistenza per disabili. “Il progetto ConFido era un sogno che avevo da anni: mettere la mia professionalità e la mia passione al servizio di uno scopo realmente utile per tutti coloro che ne sono coinvolti”, racconta Perla, che, tra gli altri, ha addestrato alcuni dei cani resi famosi da spot pubblicitari e da film per la tv e per il cinema. “In questo progetto, infatti, il cane diviene un tramite tra il detenuto, che viene stimolato dalla responsabilità del compito affidatogli quotidianamente e che, oltretutto, impara un mestiere che ne facilita il reinserimento nella società, e il disabile, che viene così aiutato nelle difficoltà pratiche della vita. Non ultimo, a essere aiutato è anche lui, il cane, nella maggior parte dei casi prelevato dal canile comunale e, al termine dell’addestramento, affidato a una famiglia”.“Il corso”, va avanti Perla, “comprende, a oggi, sei detenute, otto istruttori e tre cani che lavorano insieme, sotto la mia supervisione, quattro volte alla settimana in un campo di addestramento e in una zona appositamente costruita per il lavoro con la sedia a rotelle”. Le lezioni, teoriche e pratiche, si basano su materie quali la conoscenza del comportamento e del linguaggio del cane, l’importanza del gioco nel suo apprendimento, gli esercizi di obbedienza e quelli di educazione a seconda delle specifiche finalità di preparazione decise. In futuro, inoltre, sono previste anche lezioni di agility dog, disciplina che consiste nel far percorrere al cane un percorso a ostacoli nel minor tempo possibile sulla base di comandi appropriati.“Abbiamo cominciato a lavorare alla realizzazione di quest’idea già tre anni fa”, continua Perla, “ma il corso è potuto partire solo nel marzo scorso a causa dei numerosi ostacoli incontrati fin da subito: dall’impossibilità di tenere i cani in strutture che non prevedono box o luoghi a essi specificatamente dedicati, alla necessità per gli agenti di seguire tutti gli spostamenti delle detenute, fino all’incredulità delle amministrazioni penitenziarie di fronte a una proposta che a loro suonava del tutto nuova e quantomeno bizzarra”. L’idea, tuttavia, è piaciuta alle detenute del carcere romano ed è stata accolta con favore dai quei disabili, di cui Paccino si fa portavoce: “Accendere e spegnere la luce, tirar fuori i panni dalla lavatrice, togliersi un calzino o anche semplicemente stendere le gambe sul letto sono gesti, più o meno quotidiani, che non tutti, però, possono compiere. Non un disabile per esempio”, afferma Paccino.“Ma che un cane può fare al suo posto, magari, dopo essere stato compagno di cella di qualche detenuto che lo ha addestrato allo scopo”. Ma non è solo una questione di utilità pratica. “L’amicizia con un cane è capace di provocare un forte coinvolgimento emotivo: gli scodinzolamenti e le ‘feste’, infatti, sono la dimostrazione della gioia e dell’affetto disinteressato che caratterizza questi amici a quattro zampe. E che può anche darti la spinta per superare certi momenti e certe difficoltà”. Nell’Ohio, dove è affisso quell’insolito cartello, il Prison Dog Program viene applicato in 30 delle sue 33 prigioni, dove i carcerati convivono con 375 cani, mentre in tutti gli Stati Uniti sono 80 fino a oggi i penitenziari che prevedono al loro interno canili e corsi di formazione per i detenuti. Con il risultato, oltretutto, di aver ridotto del 40 per cento, secondo un sondaggio effettuato negli Usa, la violenza dentro le carceri. “Ora che abbiamo cominciato”, conclude Paccino, “il nostro obiettivo è quello di estendere presto il Progetto ConFido a tutte le carceri d’Italia”.

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