Più di cento specie estinte dal 1980 a oggi. È la stima fino a oggi accertata della scomparsa di rane e rospi dalla faccia della Terra. Il quadro però è peggiore del previsto perché molte specie sono sicuramente rimaste fuori da quel conteggio.
A rifare i calcoli oggi è uno studio pubblicato su Plos One condotto da ricercatori dell’Università di Canterbury in Nuova Zelanda che, analizzando 500 sequenze di Dna su esemplari di anfibi nella zona amazzonica della Guiana, ha raddoppiato il numero delle specie finora conosciute in quella zona, portandolo da 60 a 129. Ancora una volta si tratta però di un dato prudente, probabilmente destinato ad aumentare con successive indagini e arrivare fino a 460, dicono i ricercatori. Il risultato è ottenuto da analisi filogenetiche, grazie alle quali viene ricostruita la discendenza da altri gruppi, indagini geografiche, che valutano gli spostamenti degli animali sul territorio e confronti morfologici e genetici, dai quali può emergere un’eventuale parentela tra individui.
La scomparsa degli anuri, che procede a ritmi rapidissimi, impone agli studiosi una corsa contro il tempo: il rischio infatti è che una specie possa sparire prima di venire riconosciuta, studiata e inserita in una classificazione tassonomica e, se possibile, preservata. È una situazione per certi versi paradossale, affermano gli autori dello studio, perché la drastica riduzione degli esemplari si sta accompagnando a una proliferazione della conoscenza di nuove specie. Ciò non dipende, ci tengono a sottolinearlo i ricercatori, da neonati sistemi classificatori in contrasto con metodi precedenti, ma da una reale scoperta di “prima mano” in zone fino a oggi poco battute.
Antoine Fouquet, uno dei firmatari della pubblicazione, così sintetizza l’obiettivo della ricerca: “Le nuove conoscenze sulla biodiversità degli anfibi possono fornire utili indicazioni su quali provvedimenti prendere per salvaguardare la loro conservazione”. (g.d.o.)
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