Rifiuti, l’Europarlamento boccia l’Italia

Il tre febbraio scorso il Parlamento Europeo ha bocciato l’Italia per la mancanza di un piano adeguato allo smaltimento differenziato dei rifiuti. Con 374 voti a favore, 208 contro e 38 astensioni è stata votata una risoluzione che denuncia le inottemperanze del Bel Paese. Il provvedimento non ha valore esecutivo ma rappresenta una dura condanna a come l’emergenza rifiuti è stata fin qui gestita e suggerisce alla Commissione di “fare uso dei poteri che le sono conferiti, ivi incluso proponendo un nuovo ricorso volto alla condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie” se l’Italia, e in particolar modo la zona di Napoli, non si adeguerà presto agli standard europei. Già, perché nel resto d’Europa le cose vanno diversamente: la Germania, per esempio, si è posta come obiettivo per il 2020 la “discarica zero” e, insieme all’Olanda, sta puntando sull’eolico e sui pannelli solari, promuovendo la raccolta differenziata e il riutilizzo di vetro e plastica. In Belgio invece la costruzione degli inceneritori è stata vietata per i prossimi cinque anni. Una strategia adottata anche oltreoceano da San Diego, Philadelfia e Boston negli Stati Uniti. Al contrario, come è noto, in Campania la via dei termovalorizzatori, inceneritori che sfruttano il calore prodotto viene usato per generare energia elettrica, e delle discariche è considerata ancora valida.

L’incenerimento dei rifiuti produce però gravi danni alla salute. Lo sostiene ormai da tempo Paul Connet, docente emerito di Chimica alla St. Lawrence University di New York e massimo esperto mondiale di gestione di rifiuti e tecniche di incenerimento, le cui tesi sono riportate, per esempio, nel saggio “Incenerire i rifiuti? No grazie” di Gianluca Ferrara (Dissensi, 2008). Secondo l’esperto gli impianti di incenerimento producono polveri tanto piccole che non possono essere filtrate né dal naso né dai bronchioli, penetrando, così, in profondità nei polmoni. Gli inceneritori, oltre alle polveri, generano metalli pesanti come piombo, mercurio, arsenico e cadmio, altamente nocivi per la salute.  
Le ceneri, poi, andrebbero depositate in discariche speciali, i cui costi superano dieci volte quelli delle discariche tradizionali. Così non avviene e quindi il particolato e le diossine prodotti da questi ecomostri, finiscono per ricadere sui territori vicini ed entrare inevitabilmente nella catena alimentare.

L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) ha sollecitato il monitoraggio nel lungo periodo della concentrazione di micro polveri e della prevalenza di malattie nelle aree adiacenti i 51 inceneritori presenti sul territorio italiano. Perché, come dimostra uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto sulla popolazione campana, nei territori dove sono diffuse le pratiche di incenerimento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di quelli pericolosi il rischio di morire di alcune patologie è più alto della norma. Eppure, nella zona di Acerra, tristemente nota come “triangolo della morte” a seguito di uno studio apparso su “The Lancet Oncology” nel 2004 (K. Senior, A. Mazza, Italian “Triangle of death” linked to waste crisis; doi:10.1016/S1470-2045(04)01561-X), nel 2009 è stato realizzato un inceneritore.

Come ha più volte spiegato lo stesso Connet, l’alternativa sta nel ridurre i rifiuti attraverso la raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale, e nel riciclo. Quanto rimane va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla in impianti di bioessicazione. La raccolta differenziata può arrivare al 70 per cento dei rifiuti, il 30 per cento rimanente può ridursi al 15-20 per cento dopo la bioessicazione. Una quantità che è inferiore o equivale agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non tossici con minori spese di gestione e un impatto ambientale e sanitario ridotto.

1 commento

  1. Gentile Marina Bisogno , interesasnte la sua notizia e ben scritto il pezzo. le segnalo che la notizia di Mazza ecc. sul triangolo della morte, per quanto sia stata fondamentale nel far emergere il problema di salute, non era un articolo scientifico ma un ‘reportage’. se lo vorrà leggere e guardare bene le tabelle si renderà conto lei stessa degli erori contenuti, che sono stati commentati in una lettera dai ricercatori impegnati nella zona (OMS, CNR, ISS) che notano in particolare come la situazione sia peggiore in altre zone della stessa regione , come hanno dimostrato gli studi successivi. La lettera (come il reportage non articolo scientifico è uscita sul numero seguente di the Lancet Oncology, le successive ricerche sono state invece pubblicate su letteratura scientifica,

    un cordiale saluto,

    Liliana Cori

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