Categorie: Salute

Risonanza magnetica nucleare, un futuro senza traumi

Trasformare la macchina per la risonanza magnetica (Nmr) in un comune apparecchio radiologico che funziona a campo aperto. E dire addio al tunnel-loculo e a quel martellante rumore metallico che rendono l’esame diagnostico un’esperienza sgradevole per il paziente. Questo obiettivo sta per essere raggiunto grazie a metodi matematici di ottimizzazione, gli stessi che hanno consentito la messa a punto di campi magnetici mille volte più uniformi di quelli finora disponibili, che migliorano sensibilmente la capacità di risoluzione di questa tecnica. Alcuni prototipi dei nuovi macchinari sono stati presentati al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, da Gianni Di Pillo, del dipartimento di informatica e sistemistica dell’università “La Sapienza” di Roma, nell’ambito di un workshop promosso dalla scuola internazionale di Matematica “G. Stampacchia”.

Anche se, per gli alti costi, è ancora una metodologia di élite, è dagli inizi degli anni Ottanta che la risonanza magnetica nucleare è entrata nella pratica clinica. Gli studi di base che consentirono di mettere a punto la nuova metodologia clinica risalgono agli anni Trenta e si basano fondamentalmente sul comportamento dei nuclei atomici “immersi” nei campi magnetici. Il nostro corpo è composto da miliardi di minuscoli magneti biologici (nucleo dell’atomo di idrogeno), in quanto, com’è noto, siamo fatti principalmente di acqua (H20). Per eseguire la risonanza magnetica di un tessuto biologico sono necessarie tre fasi fondamentali: l’immersione del tessuto (tutto il corpo umano) in un campo magnetico statico che, agendo sui nuclei, determini una situazione di “stato stazionario”; l’applicazione di una radiofrequenza di risonanza che eccita i nuclei e li orienta; l’interruzione del campo oscillante, che determina un orientamento casuale dei momenti magnetici. Ed è a questo punto che viene liberata l’energia immagazzinata, che sarà poi impressionata come avviene per una radiografia. Tanto maggiore sarà il campo magnetico uniforme, pertanto, tanto migliore sarà la qualità dell’esame. Dagli anni Ottanta, la tecnica ha continuato a evolversi verso una maggiore qualità e funzionalità. L’obiettivo di base è riuscire a determinare campi magnetici molto uniformi: “Nella diagnostica”, spiega Di Pillo, “questo consentirà un’analisi più fine, in grado, per esempio, di esaminare le porosità delle osteoporosi e di migliorare la diagnosi precoce nel cancro del polmone”.

I nuovi macchinari presentati a Erice hanno impegnato i ricercatori romani per l’aspetto, teorico, matematico mentre un gruppo di studio della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università dell’Aquila è responsabile della progettazione di un prototipo che sarà utilizzato per la diagnosi dell’osteoporosi. Altri prototipi sono allo studio nei laboratori delle multinazionali del settore. Insomma, chi soffre di claustrofobia (la paura degli spazi chiusi) e mal sopporta il rumore martellante della macchina, presto potrà tirare un sospiro di sollievo. “Uno dei prototipi”, dice Di Pillo, “prevede che la nuova macchina per l’Nmr debba funzionare sopra un nastro scorrevole, che sarà fatto passare sul corpo del paziente disteso su una lettiga”.

Sono allo studio anche macchine per eseguire la risonanza soltanto a un arto o a una sezione del corpo, senza la necessità di introdurre il paziente dentro il tradizionale tunnel. I ricercatori sono cauti, ma la messa a punto di un campo magnetico mille volte più uniforme di quello oggi impiegato consentirà, anche, di allargare il fronte di indagine della Nmr. Oggi la tecnica è impiegata soprattutto nella diagnosi di patologie a carico di tessuti molli, ricchi, cioè, di acqua: vasi sanguigni, muscoli, cuore, fegato, pancreas, cervello, sistema nervoso. Mentre i prototipi attualmente alla studio mirano a poter osservare anche le modificazioni ossee. Di più. C’è anche chi sta preparando strumentazioni da Nmr in formato ridotto, così da poter essere trasportate anche in sala operatoria.

Gianfranco Criscenti

Nato a Palermo nel 1963, giornalista, con la passione per le Scienze, collabora - come cronista - con l'agenzia Ansa ed il Giornale di Sicilia. Da anni segue le attività delle Scuole internazionali della Fondazione e Centro di cultura scientifica ''Ettore Majorana'' di Erice.

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