Sarà un web interplanetario

Nel futuro di Internet c’è lo spazio. Perché la grande ragnatela disegnata dai computer sparsi su tutto il globo terrestre sarà uno dei pilastri nella colonizzazione del Sistema solare che il genere umano affronterà nei prossimi decenni. Traffico di astronavi e satelliti artificiali, insediamenti umani su pianeti e lune ospitali: uno scenario che oggi appare fantascienza, ma che nei prossimi decenni si potrebbe trasformare in realtà. E per evitare pericolosi ingorghi spaziali e impossibilità di comunicazione tra i diversi insediamenti umani extraterrestri, è meglio prepararsi per tempo. Così, negli Stati Uniti si sta sviluppando l’architettura di un sistema di comunicazione che ricalca Internet, solo su scala interplanetaria. Si chiama Interplanetary Network – Ipn.

Già nel 1998 una squadra di primo ordine iniziò a elaborare i protocolli, le regole, secondo le quali dovranno essere prodotti il software e l’hardware che porteranno il web, e molto altro, nello spazio. E oltre al Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, all’architettura dello futuro Ipn sta lavorando un altro ente a stelle e strisce: la Advanced Research Projects Agency. Proprio la mitica Arpa, vecchia conoscenza degli appassionati di Internet, la stessa che nel lontano 1969 sponsorizzò Arpanet, la madre di tutte le reti telematiche. Infine, tra i personaggi che devono trasformare le idee della rete terrestre in altre destinate a sviluppare l’Ipn c’è nientemeno che Vinton Cerf, padre del protocollo Tcp/Ip che domina Internet oggi.

“Per vedere le prime applicazioni dell’Ipn dovremmo attendere il 2003”, dichiara Vinton Cerf intervistato da Galileo. “In quell’anno”, continua Cerf , “la Nasa lancerà una nuova missione per Marte che prevede l’uso di due satelliti orbitanti . E nel 2008 si prevede il lancio di una costellazione di satelliti che orbiteranno sempre attorno al Pianeta rosso”. Non che manchino le capacità di comunicare con i nostri manufatti sparsi per le profondità dello spazio. La storia della sonda Voyager, che viaggia ai confini del Sistema solare e continua a mandare segnali di attività, è lì a dimostrarlo. “Il problema non è comunicare con le nostre astronavi dalla Terra. Quello di cui abbiamo bisogno sono regole comuni per la comunicazione tra astronavi e tra le stazioni di ricerca che verranno costruite sui pianeti e i loro satelliti naturali”.

L’idea alla base dell’Ipn è quella di suddividere il Sistema solare in regioni omogenee per proprietà che caratterizzano i parametri di comunicazione. All’interno di queste macro aree verranno costruite delle reti di telecomunicazione che saranno interconnesse tra loro dalle cosiddette backbone, le dorsali, ad alta capacità di flusso di informazioni Nelle dorsali interplanetarie che collegheranno i vari network locali, per esempio quello terrestre – oggi identificabile in Internet – e quello di Marte, l’informazione viaggerà come onda elettromagnetica. Insomma, la struttura di Ipn può essere paragonabile all’Internet terrestre: tante piccole reti geografiche, per esempio quella delle università statunitensi con quella degli atenei europei, collegate tra loro da vie ad alta velocità.

“Le specifiche che stiamo mettendo a punto permetteranno comunicazioni affidabili, sicure ed efficienti all’interno del Sistema solare”, evidenzia Cerf. Ma per ottenere questi risultati ha dovuto prendere le distanze dal protocollo su cui vive Internet, il Tcp/Ip. “Abbiamo dovuto disegnare un nuovo insieme di protocolli perché il lungo tempo di viaggio dei messaggi tra due pianeti interferisce con le operazioni convenzionali del Tcp/Ip. Questo protocollo fu scritto per sistemi in cui la comunicazione avviene praticamente in tempo reale”, spiega Cerf.

Una delle regole cardine di Internet è la mancanza di una gerarchia ben definita tra i nodi, una organizzazione che gestisca e controlli ogni singolo elemento. E proprio questa mancanza di gerarchia e conseguente difficoltà nel tenere sotto controllo il flusso delle informazioni, è uno dei temi scottanti di Internet. Allora, come andranno le cose con Ipn, mister Cerf ? “Stiamo utilizzando standard di dominio pubblico, senza diritto di copyright. Li stiamo sottoponendo alla Internet Engineering Task Force. Il sistema verrà gestito dal Jet Propulsion Laboratory con il quale abbiamo interagito nelle missioni spaziali del Deep Space Network”, dichiara Cerf, “ognuna di quelle missioni aveva un suo standard per la comunicazione. E proprio la mancanza di un uno standard non ha permesso una condivisione di risorse e informazioni”.

Anche Internet è figlia di standard liberi. Tuttavia, oggi la stragrande maggioranza delle aziende leader nel software e hardware per la Rete sono statunitensi. Dopo la colonizzazione tecnologica Usa con la New economy ci attende una replica spaziale? All’interno del documento che il gruppo di Cerf sta elaborando è scritto chiaramente: le tecnologie sviluppate per portare Internet nello spazio serviranno non solo per i fraseggi tra satelliti artificiali, ma anche per una commercializzazione della Rete interplanetaria, che secondo i revisori del protocollo seguirà la falsa riga di Internet nell’ultimo decennio. Rimane l’incognita dei pirati informatici interplanetari, e se “niente è completamente al sicuro da loro”, ammette Cerf , “faremo del nostro meglio per rendere inaccessibili le risorse più costose”.

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