Sardegna: biopetrolio da alghe e CO2

Spetta alla Sardegna, stavolta, il primato nell’interazione tra imprenditoria e ricerca, con la messa a punto di una tecnologia che sfrutta fonti rinnovabili di energia. L’azienda sarda Biomedical Tissues, infatti, ha recentemente depositato il brevetto europeo sul “Procedimento per la produzione di biopetrolio che prevede l’impiego di CO2”, un sistema che consente di ricavare, dalle alghe unicellulari presenti nei mari e nei fiumi, alcuni biocarburanti come il biodiesel e altri composti destinati all’industria alimentare, biomedicale, cosmetica e zootecnica. Il brevetto è nato da uno studio partito nel 2008 nell’Università di Cagliari; i ricercatori hanno poi coinvolto l’azienda e avviato una collaborazione con il Cnr e il centro di ricerca internazionale Center for Advanced Studies, Research and Development in Sardinia (Crs4).

Il procedimento si basa sull’impiego di microalghe che, utilizzando l’anidride carbonica e la luce del sole, sono in grado di riprodursi velocemente e di creare sottoprodotti oleici convertibili in carburanti biologici. “Si cattura l’anidride carbonica contenuta in fumi di scarico, per esempio di una centrale termoelettrica, e la si veicola in apparecchiature chiamate fotobioreattori, al cui interno sono state isolate delle microalghe che metabolizzano la CO2”, spiega a Galileo Giacomo Cao, docente di Ingegneria Chimica e Ambientale presso l’ateneo sardo e responsabile del gruppo di ricerca che ha messo a punto il processo: “Dalle alghe così trattate è possibile estrarre il biopetrolio, utilizzabile per la produzione di biodiesel, ma anche di vitamine, antiossidanti, antimicrobici e antitumorali”.

Questo brevetto, unico in Italia, ha un duplice obiettivo: produrre combustibili rinnovabili e ridurre l’immissione nell’atmosfera dell’anidride carbonica. I vantaggi, secondo la Biomedical Tissues, saranno anche economici: le microalghe, la cui elevata produttività è garantita dalla loro velocità di crescita e dal loro alto contenuto di olio, possono essere coltivate in zone industriali o aride, senza ‘invadere’ superfici agricole. “Oggi il costo di produzione sarebbe più alto di quello del petrolio. Ma non sarà così in futuro – prevede Cao – quando il prezzo del greggio salirà col contrarsi della sua disponibilità”. E il salto dalla sperimentazione alla produzione industriale potrebbe essere breve: la Biomedical Tissues ha partecipato al bando “Industria 2015 per progetti innovativi nel sequestro della CO2 atmosferica” e, se il progetto sarà approvato, verranno costruiti quattro stabilimenti dimostrativi, di cui uno nel cagliaritano, dove ha sede l’azienda. (a.o.)

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