Sindrome dei Balcani, non solo uranio impoverito

Inquinamento e degrado ambientale sarebbero all’origine della sindrome dei Balcani. L’uranio impoverito, quindi, non è la causa diretta delle malattie e delle morti dei militari italiani reduci dal Kosovo e dalla Bosnia Erzegovina. È questa la conclusione ufficiale a cui è giunta oggi la Commissione parlamentare d’inchiesta del Senato, mentre davanti a Palazzo Chigi e a Montecitorio le famiglie dei militari ammalati o deceduti e le associazioni di tutela mettevano in scena un sit in di protesta. Secondo il documento, che sarà approvato in via definitiva martedì prossimo, dalle audizioni svolte, dalle verifiche e dalle testimonianze raccolte non sono emersi elementi che colleghino le patologie in questione agli effetti derivanti dall’esposizione alle radiazioni o alla contaminazione dovuta al munizionamento all’uranio impoverito. Anche perché fino ad oggi non sono state riscontrate tracce di uranio impoverito nei campioni istologici di militari italiani che hanno sviluppato tumori. A causare invece i tumori sarebbero stati altri fattori, come il degrado ambientale e l’inquinamento ai quali erano sottoposti i militari nel primo periodo delle operazioni, quando era più alta la concentrazione di inquinanti derivanti da manufatti industriali o civili danneggiati o distrutti dalle operazioni belliche. Prima fra tutte, dice la Commissione, l’inalazione di nanoparticelle che si producono ad altissime temperature, cioè quando i proiettili all’uranio impoverito colpiscono le superfici e si disperdono nell’ambiente, e poi la somministrazione ai militari di vaccini, o meglio di alcune componenti di essi visto che non sempre le strutture sanitarie garantivano il rispetto degli schemi vaccinali. La responsabilità dell’uranio impoverito, dunque, sarebbe solo indiretta. Tra le novità contenute nella relazione c’è anche una serie di raccomandazioni per la revisione dell’uso di poligoni di tiro in Italia per scongiurare l’utilizzo di proiettili all’uranio. (r.p.)

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