Scavando sui luoghi della Bibbia

Dopo vent’anni di scavi e ricerche, l’archeologia biblica è tornata ad avere credito presso la comunità scientifica internazionale. L’ostracismo nei confronti di questa delicata disciplina, dove la scienza si mischia con la fede e la religione, era stato dettato dalla perplessità che suscitavano le indagini degli archeologi che nel secolo scorso scavavano “Bibbia alla mano”, come se si tratasse di un manuale di storia. Ma negli ultimi tempi le nuove conoscenze e le nuove tecnologie hanno dato il via a un numero sconcertante di scoperte. Niente di strano, comunque, se si pensa che per la terra di Israele sono passati tanti popoli (Egiziani, Assiri, Babilonesi, Greci, Romani, Turchi e non ultimi i crociati), e che la storia di queste civiltà può risalire indietro nel tempo, sino ad almeno 5000 anni fa.

Una delle prime scoperte che conferma l’antichità del Vecchio Testamento, per esempio, risale al 1979, quando l’archeologo israeliano Gabriel Baekai trovò in una tomba a Gerusalemme due rotoli argentei del 600 a.c., nei quali era citata una benedizione tratta del Libro dei Numeri contenuto nella Bibbia. Più avanti, nel 1990, Frank Yanco, un egittologo del Field Museum di Chicago, credette di riconoscere la rappresentazione del popolo ebraico schiavo in Egitto in un rilievo di un muro a Luxor.

Una delle prove dell’esistenza del regno di David arriverebbe invece da un’iscrizione risalente al IX secolo avanti Cristo, che celebra le vittorie del re sopra la tribù degli Israeliti. Anche la conquista di Jerico e la storia di Giosuè, narrata nel libro omonimo, sembra trovare un riscontro storico, anche se il racconto biblico ha probabilmente trasfigurato parte della realtà. Il mito narra infatti di una conquista violenta, che invece si verificò con tutta probabilità in modo pacifico e graduale. Questo, almeno, è quanto sostiene una ricercatrice britannica, che dopo sei anni di studi e di scavi nella città di Jerico, non è riuscita ad individuare neanche una traccia del crollo delle mura. La conquista della Terra Promessa fu insomma più che altro un popolamento di zone allora abbandonate, avvenuto con il contributo di varie etnie: “Alcuni popoli provenivano dalla terra Ittita, altri dal deserto dell’Est e altri da quello del Sud”, afferma Israel Filkestein, dell’Università di archeologia di Tel Aviv.

Agli atei resta comunque un grande motivo di soddisfazione: della storia dell’Esodo e dell’esistenza di Mosè non si è ancora trovata nemmeno una traccia. In altre parole, i dieci comandamenti e l’Arca dell’Alleanza rimangono per il momento, solo un lavoro per Indiana Jones. Non solo: qualche tempo fa, durante i lavori di ampliamento di un’autostrada a 30 chilometri da Gerusalemme, alcuni operai si imbatterono in una cavità con 23 ossari. Ma le iscrizioni della cripta non avevano niente a che vedere con la tribù dei Maccabei, come invece era sembrato agli studiosi in un primo momento.

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